La notizia ha fatto il giro del web, proprio il luogo virtuale in cui i protagonisti della vicenda hanno potuto prosperare negli anni. L’Antitrust ha avviato un’indagine a carico di numerosi influencer, accusati di avere sponsorizzato metodi per realizzare guadagni facili senza neppure informare gli utenti che si trattasse di pubblicità a servizi forniti da loro stessi o terze parti. Trattasi di Luca Marani, Big Luca, Alessandro Berton e Davide Caiazzo. Hamza Mourai e Michele Leka sono accusati, invece, di avere reclamizzato investimenti in criptovalute senza segnalarne i rischi.

Marani, Caiazzo e Big Luca sono altresì accusati di avere falsato la propria popolarità con recensioni e testimonianze su Instagram dubbie. Infine, moral suasion a carico delle influencer Ludovica Meral Frasca, Sofia Giaele De Donà, Milena Miconi e Alessandra Ventura. Sponsorizzerebbero prodotti e servizi senza la relativa dicitura che informi gli utenti che si tratti di pubblicità.

Influencer nel mirino dopo caso Ferragni

Il tema è sensibilissimo. Soltanto sette mesi fa iniziava a traballare l’impero finanziario e mediatico di Chiara Ferragni a causa di una sanzione comminata dall’Antitrust in relazione al “pandoro-gate”. Oggi, di quel castello rimane quasi nulla. Sembrava impossibile offuscare l’immagine dell’influencer più importante e ricca d’Italia, tra le più note al mondo. E’ accaduto. E’ bastato metterne in dubbio la bontà d’animo per innescare un circolo vizioso (virtuoso per i detrattori), con sponsor in fuga e utenti su tutte le furie.

Web pieno di ciarlatani dai guadagni facili

L’apertura di un’istruttoria non equivale ad emettere una sentenza di colpevolezza. L’Antitrust svolgerà le dovute indagini prima di valutare cosa sia realmente accaduto per ciascuno degli influencer sopra citati. La promessa di guadagni facili è vecchia quanto il mondo. I social l’hanno resa, forse, un po’ più “cool” e facile.

Ci sono fior di ragazzotti in giacca e cravatta e ben pettinati, che quotidianamente sommergono le bacheche delle loro connessioni in rete con post a dir poco patetici circa una presunta capacità tutta loro di tanti fare soldi in breve tempo. Si riconoscono dal linguaggio ampolloso, dalle promesse fuori dal comune e da una ostentata aggressività nei confronti di chiunque metta in dubbio le loro certezze.

Molti di questi sanno ben parlare, sfoggiano lauree e corsi di formazione a conferma delle loro conoscenze. Non sbagliano mai. Dileggiano tutto e tutti, mentre si auto-assegnano giudizi entusiasmanti per via di risultati ottenuti tutt’altro che dimostrabili. Sono gli influencer della fuffa, la cui unica abilità reale consiste nel sapere abbindolare una massa di utenti non privi, dal canto loro, di responsabilità. Credere ai guadagni facili è spesso un modo per darsi una speranza. La vita non è semplice, i sacrifici non sempre vengono corrisposti e ciascuno di noi vuole sperare in cuor suo che esista una possibilità di fare soldi senza sgobbare. Insomma, quasi una soluzione indennitaria alle avversità.

Non solo questione di educazione finanziaria

Umano, ma non per questo assolvibile. E non è sempre solo una questione di educazione finanziaria. Certi influencer dovrebbero cercarsi un lavoro serio se non disponessero di un pubblico di creduloni. I guadagni facili non esistono, perché altrimenti nessuno sarebbe così stupido da preferire di faticare. Ciò non significa che la fortuna, magari mista a conoscenze e fiuto, in molte occasioni non possano far fruttare il nostro investimento in maniera anche fulminea. Pensate a chi negli ultimi tempi ha acquistato azioni Nvidia!

Tuttavia, distinguere un buon influencer da un ciarlatano è semplice. Il primo segnala sempre i rischi di ciascuna operazione, rende edotto chi lo legge o ascolta di lavorare per conto di una società o anche in proprio, non garantisce risultati certi, né mirabolanti.

C’è un noto influencer finanziario, che spiega nei suoi post che non è investendo che ci si arricchisce; per prima cosa è necessario lavorare per godere di un reddito sufficiente per vivere e da accantonare almeno in parte per metterlo a frutto. Questo è un modo onesto e intelligente di rapportarsi con l’utenza.

Influencer specchio di illusioni dolose

Se l’Antitrust trovasse che anche solo uno dei suddetti influencer abbia commesso qualche infrazione sui social, arriverebbe la relativa sanzione. Ciò non rende meno corresponsabili le stesse vittime. E’ mai possibile che ci siano persone disposte ad affidare il proprio denaro al primo che afferma una stupidaggine, nel nome dell’avidità? E’ tanto scarso il rispetto verso i propri sacrifici? Perché di questo si tratta, ossia di non avere rispetto di ore, giornate, mesi e anni trascorsi a lavorare per guadagnare e risparmiare. Non meno grave, infine, la condotta delle piattaforme social su cui i ciarlatani dilagano. Possibile mai che un post possa essere censurato anche solo per un termine politicamente scorretto, mentre si chiudano entrambi gli occhi dinnanzi a vere e proprie truffe?

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