Matteo Renzi lo avrebbe assicurato ai suoi uomini che di tornare sui suoi passi ed evitare lo “showdown” con il premier Giuseppe Conte non se parlerebbe, altrimenti perderebbe la faccia. Il leader di Italia Viva si è spinto troppo in là con le critiche al governo per accontentarsi di un mini-rimpasto o di qualche suo esponente nella famosa “cabina di regia” sul Recovery Fund. Per indurlo a più miti consigli, il ministro per i Beni culturali, Dario Franceschini, ha agitato lo spettro delle elezioni anticipate, come per mettere l’ex premier sull’attenti: se cade il governo, rischi di sparire dal Parlamento.

Ma le elezioni anticipate non sarebbero l’ipotesi più probabile nel caso di crisi di governo. Anzi, resta la più remota. Tra sette mesi inizia il “semestre bianco”, i sei mesi che precedono la scadenza del mandato del presidente Sergio Mattarella e durante i quali il Parlamento non può essere sciolto per la nostra Costituzione. L’obiettivo dei “giallo-rossi” è certamente di resistere fino a luglio, dopodiché l’esecutivo potrà anche cadere, Conte essere sostituito, ma a quel punto non si potrà tornare alle urne e sarà certamente questo Parlamento ad eleggere il nuovo capo dello stato.

Le opposizioni non stanno cavalcando più il tema del ritorno alle urne, a parziale eccezione di Giorgia Meloni. Se Forza Italia lancia segnali chiari sull’intenzione di “dare una mano” per gestire in maniera partecipata i principali dossier di questa fase straordinariamente difficile, la Lega di Matteo Salvini ha evocato persino la sussistenza di una maggioranza alternativa in Parlamento, che sarebbe composta da centro-destra e dissidenti “grillini”, oltre che dai renziani, a volerla dire tutta. Ma Renzi farebbe cadere davvero il governo senza un accordo in tasca su un’alternativa certa e credibile?

Quanto sono credibili le minacce di Renzi di far cadere il governo e il ribaltone immaginato da Salvini?

La carta Draghi evocata dalla politica

Da mesi, nei palazzi romani si agita lo spettro di Mario Draghi.

L’ex governatore della BCE è senz’altro la figura più autorevole di cui l’Italia al momento può disporre. Molto ascoltato e apprezzato presso le cancellerie straniere, super partes e decisamente competente sulle tematiche economiche e finanziarie, viene considerato un papabile successore di Conte a Palazzo Chigi. Ma la verità è che Draghi mai e poi mai accetterebbe con questo quadro politico di imbarcarsi su un natante che imbarca così tanta acqua. Lo vedreste a governare a capo di una maggioranza che comprenderebbe dalla Lega al PD, passando per il Movimento 5 Stelle? Rischierebbe di “bruciarsi” subito per l’altra carica a cui può aspirare più di ogni altro: la presidenza della Repubblica.

Del resto, accadde anche a Mario Monti. Papabile successore di Giorgio Napolitano nel 2013, accettò nel 2011 di passare per Palazzo Chigi, uscito dal quale venne ripudiato praticamente da quasi tutti i partiti che lo avevano sostenuto, finendo nel dimenticatoio e in qualche “talk show” in seconda serata. E quindi? Lo scenario più probabile sarebbe di una maggioranza rissosa fino a luglio, quando scatterà il rompete le righe. In estate, Renzi si muoverà verosimilmente davvero per rimpiazzare il premier con una figura che piaccia almeno al grosso delle opposizioni, così da prendere due piccioni con una fava: accordarsi sul nuovo governo e sul nome del successore di Mattarella. Nel frattempo, poi, avrà messo le mani sul Recovery Fund, roba da 209 miliardi di euro in 7 anni. Troppa carne al fuoco per lasciarla bruciare.

Il discorso di Draghi a Rimini è stato un appello alla responsabilità

Un 2021 all’insegna dell’instabilità

Ma c’è un’incognita ed è lo stesso Conte. Vorrà farsi abbrustolire a fuoco lento, perdendo ancora più consenso di quanto non ne abbia perso negli ultimi mesi della seconda ondata dei contagi? Non è un mistero che voglia lanciare un suo movimento, i cui consensi arriverebbero quasi totalmente dal Movimento 5 Stelle e dal PD.

Per Nicola Zingaretti, una prospettiva al contempo interessante e rischiosa. Interessante, perché il PD avrebbe una forza di peso progressista con cui allearsi alle elezioni e cercare di vincere nei singoli collegi uninominali. Rischiosa, perché il suo partito, già sotto il 20%, scenderebbe ulteriormente di percentuale e perderebbe di peso nel Paese e in Parlamento.

Per questo, qualche voce infida sussurra che le bizzarrie di Renzi non stiano dispiacendo al Nazareno, in cui le elezioni anticipate non sarebbero più del tutto escluse. Già, ma per fare cosa? Andare alle urne senza alleati e perdere la guida dell’Italia e la possibilità di eleggere il prossimo capo dello stato? Scenario poco credibile e maledettamente ostico per gli italiani. Il 2021 si aprirà all’insegna delle tensioni politiche crescenti e senza che i problemi del Paese vengano affrontati come si dovrebbe. Grazie alle maniche larghe di Bruxelles in questa fase, si tirerà avanti con qualche altro bonus per placare gli animi di questa e quella categoria lavorativa, si evocheranno progetti fantasmagorici sull’utilizzo dei fondi europei e si terranno numerose passerelle sulle vaccinazioni in corso, ma in verità l’Italia resterà senza alcuna guida reale. E se arrivassero una terza e persino una quarta ondata di contagi, verrà riavvolta la pellicola del film che abbiamo visto già un paio di volte quest’anno. Mattarella pretende stabilità e coesione più che mai. Sarebbe di auspicio che alzasse la voce per ottenere entrambi. La sua potrà essere l’unica variabile davvero capace di mettere un punto fermo in questa politica magmatica e rissosa.

Conte sta creando un governo parallelo sul Recovery Fund e rischia di gettare il futuro dell’Italia

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