E’ stato lo stesso refrattario coordinatore azzurro in Sicilia, Gianfranco Miccichè, a rassicurare ieri sera sul fatto che “starebbe prevalendo il buon senso” nelle ultime serrate trattative per scegliere il candidato governatore del centro-destra, in vista delle elezioni regionali del 5 novembre. Grazie a una instancabile mediazione di Silvio Berlusconi, scrivono sui social alcuni plenopotenziari di Forza Italia, il partito starebbe convergendo sul nome di Nello Musumeci, già appoggiato senza tentennii da Fratelli d’Italia e Noi con Salvini. A questo punto, aumenta il pressing su Gaetano Armao, docente amministrativo e già consulente del governo Berlusconi, a ritirare la propria candidatura e a correre come vice di Musumeci, esponente di punta della destra siciliana.
Dopo settimane di febbrili trattative e di stop and go, pare che finalmente nel centro-destra si sia trovata la quadra in Sicilia, anche se non sembra del tutto escluso un rischio spaccatura, se Armao non accettasse di appoggiare il candidato ufficiale della coalizione e corresse da indipendente con la sua lista di “Indignati”. Ma sembra che almeno le divisioni macroscopiche tra Forza Italia da una parte e gli alleati dall’altra stiano rientrando. Una buona notizia per Musumeci, che nei sondaggi viaggerebbe sopra il 30%, in grado di insidiare i consensi del grillino Giancarlo Cancelleri.
A sinistra, invece, si corre verso il caos. Il governatore uscente di centro-sinistra, Rosario Crocetta, non verrà sostenuto da alcun partito della sua coalizione, causa la pochezza amministrativa di cui è stato capace negli ultimi 5 anni, che gli ha fruttato solo un’estrema impopolarità sull’isola. Per questo, PD e centristi di Angelino Alfano avrebbero trovato un accordo sul rettore Fabrizio Micari, ma dall’intesa si sfila il Movimento democratico e progressista, che insieme a Sinistra Italiana appoggerà Claudio Fava.
La scommessa di Berlusconi in Sicilia
Riassumendo, il centro-destra potrebbe accordarsi su un unico candidato, mentre il centro-sinistra risulta ad oggi diviso in tre tronconi.
Berlusconi non vorrà, dal canto suo, uscire dalla partita quale cedevole verso gli alleati. Nel caso di vittoria di Musumeci, questi potranno reclamare la leadership anche a livello nazionale, chiaramente a discapito di quella dell’ex premier e di Forza Italia, in generale. Per questo, il Cavaliere avrebbe preteso, in cambio di un via libera al loro candidato, che FdI e Lega Nord non insidino la sua leadership nazionale nella coalizione. Più che i patti non scritti, però, varranno le percentuali che i vari partiti del centro-destra otterranno alle regionali di novembre, che precederanno di qualche mese le politiche.
In Sicilia si celebreranno le prove generali per una partita più grande e che vede Berlusconi intenzionato a non soccombere in favore degli alleati. Da qui, la decisione di acquistare casa a Palermo per viverci stabilmente fino a novembre, potendo seguire sul territorio il procedere della campagna elettorale. Obiettivo: far rimanere Forza Italia saldamente prima nella coalizione, in modo da trasformare l’eventuale vittoria di Musumeci in un successo personale, da spendere alle elezioni politiche di inizio 2018. (Leggi anche: Sicilia decreterà vittoria alle politiche tra Berlusconi, Renzi e Grillo)
Renzi rischia un flop fatale in Sicilia
Un flop degli azzurri non gli farebbe bene, anche perché in vista di possibili accordi a Roma per un governo di larghe intese tra PD e Forza Italia dopo il voto, quest’ultima dovrà mostrarsi relativamente forte e trattare così alla pari la nascita del nuovo governo.
Il rischio di flop sarebbe serio per gli azzurri, nel caso di mancato appoggio di Musumeci, viste le tensioni interne molto forti sull’isola. I dirigenti ex An e, più in generale, della Sicilia orientale si sono apertamente schierati con il candidato della destra, mentre il coordinatore regionale è stato il più dubbioso sul nome, dopo averne affossato già la vittoria nel 2012, che sarebbe stata alla portata, qualora Miccichè e Raffaele Lombardo allora non avessero optato per correre da soli, dividendo il centro-destra.
Di certo, c’è che chi perdesse in Sicilia uscirebbe molto indebolito sul piano nazionale. Il segretario del PD, Matteo Renzi, trema alla sola idea di potere arrivare terzo e mostrarsi un leader sconfitto per almeno la terza volta consecutiva in meno di un anno. Proprio per evitare uno scenario apocalittico per l’ex premier dem, i consiglieri “aziendalisti”, da Gianni Letta a Fedele Confalonieri, avevano suggerito a Berlusconi di non presentarsi unito agli alleati e di stringere un accordo con i centristi, in vista di futuri scenari nazionali ritenuti più allettanti per gli interessi del Biscione. Pare che stia prevalendo l’alternativa politica più rassicurante e non di rottura, per quanto imporrà un prezzo ai “lepenisti” di casa nostra: assistere a una probabile ridiscesa in campo a tutto tondo del loro scomodo alleato. (Leggi anche: Grillo al governo, Berlusconi e l’errore fatale che parte dalla Sicilia)