Si terrà giovedì 26 ottobre ad Atene il penultimo board della Banca Centrale Europea (BCE), che dovrà discutere se proseguire la stretta sui tassi di interesse o meno. La cornice sarà affascinante. La capitale ellenica ci ricorda la ragione storica fondamentale per la quale esistono l’Unione Europea e l’insieme degli apparati istituzionali che la compongono. E di recente è diventata motivo di orgoglio per l’Eurozona dopo oltre un decennio di immani sacrifici e sofferenze patite dalla popolazione per via della crisi del debito sovrano.
Tra gli 85 economisti intervistati da Reuters nella settimana tra il 12 e il 19 ottobre, nessuno ha previsto che ci sarà un altro aumento dei tassi BCE. Insomma, il ciclo monetario restrittivo si sarebbe concluso con i tassi di riferimento al 4,50% e i tassi sui depositi bancari al 4%. E nel frattempo, gli analisti di Bank of America hanno espresso la convinzione non solo che il giovedì di questa settimana non ci sarà alcun annuncio, ma anche che sul PEPP una decisione non arrivi prima di dicembre. E sulle riserve obbligatorie Francoforte si esprimerebbe nella primavera prossima.
Taglio tassi tra un anno?
Se il rialzo dei tassi BCE si sarebbe concluso, un po’ tutti concordano circa il fatto che questi rimarranno fermi probabilmente per un periodo prolungato. Per il 58% degli intervistati da Reuters, un primo taglio dei tassi avverrebbe non prima del terzo trimestre del prossimo anno. Essi prevedono che al settembre 2024 il tasso sui depositi risulterà sceso al 3,50%, cioè di mezzo punto da oggi.
Il baratto tra “falchi” e “colombe” sarebbe proprio questo: stop al rialzo dei tassi BCE, ma primo taglio più lontano. In realtà, non saranno né i primi e né le seconde a decidere quando ci sarà l’avvio dell’allentamento monetario.
Altre misure oggetto di discussione
Non si giocherà solo sui tempi del primo taglio. Oggetto di discussione al board sarà anche il da farsi sul PEPP. Il piano anti-pandemico da oltre 1.700 miliardi di euro prevede che i bond in scadenza vengano riacquistati almeno fino a tutto l’anno prossimo. I “falchi” spingono per anticipare la fine dei riacquisti alla fine di quest’anno. La minore liquidità sui mercati equivarrebbe ad aumentare i tassi BCE, riducendo le pressioni inflazionistiche. D’altra parte, aumenterebbe i rendimenti sovrani e, in particolare, quelli dei titoli di stato italiani. Dunque, un’opzione da maneggiare con cura.
C’è anche la volontà di innalzare il coefficiente di riserva obbligatoria per le banche dall’1% attuale. Significherebbe costringere le banche commerciali a detenere maggiori scorte di liquidità senza interessi e, quindi, ridurre i loro prestiti a favore di imprese e famiglie. Anche in questo caso, la misura equivarrebbe ad aumentare i tassi BCE. Il rischio consisterebbe nel provocare un “credit crunch”, vale a dire una forte riduzione del credito all’economia, con conseguente tendenza recessiva per l’economia.
Tassi BCE, prudenza board per rischi da Israele e PIL
E’ probabile che la riunione di dopodomani sia interlocutoria nell’attesa di conoscere le nuove previsioni macro triennali per dicembre. Da qui ad allora, poi, la BCE avrà un quadro più chiaro circa l’evoluzione dell’inflazione nei mesi di ottobre e novembre.
E ci sono da monitorare rischi imprevisti e imprevedibili come l’impatto della guerra tra Israele e Palestina, la cui evoluzione è in itinere. E i rendimenti negli Stati Uniti si stabilizzeranno o continueranno a salire con inevitabili conseguenze per il cambio euro-dollaro? Infine, il PIL nell’Eurozona nel terzo trimestre segnalerà un ulteriore indebolimento della congiuntura? Tutte domande a cui una risposta arriverà dopo il board, il quale sarà costretto alla prudenza nella splendida Atene.