Ci sono buone notizie sul fronte della crescita per l’economia italiana. L’Istat ha rivisto al rialzo l’aumento del Pil reale per quest’anno al +1%, in accelerazione al +1,2% nel 2025. Secondo l’istituto di statistica, ci sarà un contributo positivo della domanda interna per lo 0,7% e altrettanto dalle esportazioni nette. Le scorte apporteranno un contributo negativo dello 0,4%. L’anno prossimo, invece, la domanda interna inciderà positivamente per lo 0,9%, diventando il principale driver della crescita.

Crescita economia e risparmi

Se questi dati fossero confermati e fatta eccezione per il rimbalzo post-Covid, l’Italia uscirebbe dalla fase della crescita dello zero virgola.

Sarebbe un grosso passo in avanti per un’economia che solamente nel 2023 è riuscita a recuperare i livelli di ricchezza prodotti nel lontano 2007. Il taglio dei tassi di interesse della Banca Centrale Europea (BCE), pur minimo e dalle prospettive incerte per il prossimo futuro, può rinvigorire la crescita dell’economia italiana. Come? Stimolando consumi e investimenti.

Il Pil è composto da consumi, investimenti, spesa pubblica in deficit ed esportazioni nette dal lato della domanda. I risparmi sono reddito sottratto ai consumi immediati, anche se nella sostanza consistono in consumi futuri. E’ bene per qualsiasi economia averne per una percentuale del reddito, altrimenti le prospettive per il futuro si fanno fosche. Un popolo che non risparmia, non avrà la possibilità prima o poi di effettuare investimenti o acquisti di beni durevoli. E farà fronte a un declino del Pil.

Inflazione italiana sotto media Eurozona

I risparmi variano sia in funzione (diretta) del reddito che dei tassi di interesse. Quando la BCE abbassa il costo del denaro, in buona sostanza stimola gli investimenti e i consumi, ma deprime i risparmi. Una persona sarà invogliata a mettere da parte una porzione inferiore del proprio reddito, venendo remunerata di meno. Nel caso dell’Italia, però, potrebbe non verificarsi.

E vi spieghiamo perché. La BCE ha sì tagliato i tassi, ma di poco e probabilmente dovremo aspettare almeno settembre per un secondo taglio. Questa prudenza si deve al fatto che l’inflazione nell’Eurozona sia rimasta sopra il target del 2%, anzi risalendo al 2,6% a maggio.

L’inflazione italiana, però, è da mesi non solo sotto i livelli medi dell’Eurozona, ma persino sotto l’1%. Fatta eccezione per marzo, i prezzi al consumo su base annuale quest’anno sono cresciuti sempre dello 0,8%. In media, nei primi cinque mesi dell’anno hanno segnato un +0,9%. Nei primi cinque mesi dello scorso anno, registravano un +8,5%. Capite la differenza? C’è stato un crollo pauroso, per nostra fortuna. Ora, prendete un tipico investimento come i titoli di stato. In media, il loro rendimento sul mercato è stato quest’anno del 3,56% contro il 3,82% dello stesso periodo del 2023 (vedasi i dati del Rendistato).

Rendimenti reali di mercato in forte aumento

In pratica, i rendimenti reali offerti dai bond sovrani sono saliti quest’anno quasi al 2,70% dal -4,70% di un anno fa. Ovviamente, non è l’inflazione attuale quella di cui dovremmo tenere conto quando calcoliamo i rendimenti reali. L’investimento si basa sulle aspettative d’inflazione per gli anni futuri. Ciò premesso, è pur vero che nella psicologia di chi investe, consuma, produce e lavora i livelli d’inflazione in corso influiscono spesso le sue decisioni, perlomeno nel breve termine. Ed è così che possiamo affermare che, dato il crollo dell’inflazione italiana ben oltre i livelli medi europei, la propensione al risparmio degli italiani potrebbe aumentare, malgrado il taglio dei tassi.

Tra l’altro, i tassi reali fissati dalla BCE risultano ormai ben superiori in Italia di quelli vigenti in economie come Germania e Francia, dove l’inflazione si attesta rispettivamente al 2,4% e al 2,2%. Ad esempio, i tassi sui depositi bancari, portati giovedì al 3,75%, risultano in termini reali al +1,35% per le banche tedesche e all’1,55% per le banche francesi.

Stiamo facendo riferimento agli ultimi dati sull’inflazione. Per le banche italiane, invece, sfiorano il 3%. Cosa significa tutto questo? I nostri istituti risultano più invogliati dei concorrenti europei a parcheggiare liquidità a Francoforte, sottraendola agli investimenti.

Crescita economia al test dei tassi reali

In conclusione, la crescita dell’economia italiana potrebbe anche risultare superiore alle stime sul Pil effettuate dall’Istat, dal governo e dagli organismi internazionali. Nel primo trimestre dell’anno, sempre l’Istat ci dice che le retribuzioni orarie contrattuali hanno registrato una crescita media del 2,9%. In termini reali, parliamo di circa il +2%. Probabile che ci sarà un’accelerazione nei mesi successivi. Dunque, i lavoratori italiani starebbero finalmente iniziando a guadagnare più dell’inflazione, avendo a disposizione un reddito reale in crescita. Ciò autorizzerebbe a prevedere un aumento dei consumi, ma dati i livelli dei tassi reali per noi in forte crescita, la frenata arriverebbe dalla maggiore propensione a risparmiare.

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