Sono tempi duri per il commercio mondiale e per i suoi sostenitori. Questa settimana, abbiamo appreso ufficialmente che il vice-cancelliere tedesco Sigmar Gabriel, ossia il numero 2 del principale governo della UE-27, ha dato per morto l’accordo di libero scambio tra USA e UE, noto anche come TTIP. Reazioni quasi entusiastiche ha riscosso l’intonazione funebre di Gabriel in Francia, da sempre ostile all’abbattimento delle barriere doganali tra le due sponde dell’Atlantico.

E, invece, per rinvigorire la crescita sottotono delle economie avanzate servirebbe un colpo d’ali al commercio mondiale, rifuggendo dalla tentazione opposta dei governi nel corso della Grande Depressione degli anni Trenta, quando chiudendo le frontiere dell’import/export sono finiti per trasformare una crisi pur grave delle rispettive economie in un collasso verticale della ricchezza.

Crisi commercio mondiale dal 2008

Il commercio mondiale, che ha ricevuto una spinta quasi trentennale sin dagli anni Ottanta, quando è iniziata la fase più avanzata della globalizzazione economica, è in affanno sin dallo scoppio della crisi finanziaria del 2008, tanto che non si è mai ripreso da allora.

Per misurare il grado di interazione commerciale nel pianeta si utilizza da anni il cosiddetto BDI, sigla che sta per Baltic Dry Index, ovvero un indicatore dei prezzi di trasporto delle merci non liquide, come carbone, grano, etc., sulle navi cargo. Ebbene, dovete sapere che tale indicatore era arrivato a al record storico di 11.873 punti il 20 maggio del 2008, ma sei mesi dopo sprofondava del 94% a soli 663 punti.

 

 

 

Crisi navi cargo

Per il commercio mondiale sembrava essere stato raggiunto il punto più basso, che la crisi peggiore fosse stata superata, ma il 10 febbraio di quest’anno l’indicatore è arrivato a crollare al minimo storico di 290 punti. Alla fine di agosto, però, era risalito a 715, cosa che conforta poco, se si considera che siamo poco al di sopra dei minimi di 8 anni fa, quando esplodeva la più grave crisi economica e finanziaria degli ultimi 80 anni.

La situazione è assai grave, tanto che questa settimana ha portato i libri in tribunale una delle compagnie di navigazione cargo più grandi al mondo, settima per dimensioni dei container, la coreana Hanjin Shipping. Il fallimento della società è la spia di una crisi più ampia del settore, che negli anni del boom aveva aumentato lo spazio di carico disponibile, ma che di recente si sta rivelando molto superiore alle necessità, vista la bassa domanda.

Sfavorevole anche rallentamento Cina

Il rallentamento della Cina gioca un ruolo non secondario in questo fenomeno: nel biennio 2009-2010, era arrivata a rappresentare la metà della crescita mondiale, mentre oggi vale un quarto, anche per effetto del ritorno alla lieve crescita di America ed Europa.

Prezzi così bassi per il trasporto delle merci segnalano una scarsa dinamicità delle relazioni commerciali tra i paesi, visto che ancora oggi il 90% dei beni raggiunge la destinazione tramite navi. L’ascesa di movimenti e leader contrari al libero commercio negli USA e in Europa non fa intravedere nulla di buono per la ripresa del settore. Il fallimento di fatto del TTIP ne è la conferma.