Lo spread tra titoli di stato francesi e tedeschi decennali è salito in area 75 punti base, in netto rialzo dai 60 punti prima delle elezioni europee, pur sotto i massimi di queste settimane sopra gli 80. I mercati osservano con attenzione gli scenari politici a Parigi dopo il primo turno delle elezioni legislative. E nel mirino stanno tornando anche i conti pubblici italiani. Lo spread tra BTp e Bund non si schioda da 150 punti, quando era in area 130 prima delle europee. Il motivo principale di tale aumento deriva dal timore che il prossimo governo in Francia, qualunque esso sia, sarà fiscalmente meno prudente.

E questo con una procedura d’infrazione per deficit eccessivo già aperta contro Parigi, così come Roma e altre cinque capitali europee.

Conti pubblici italiani sotto osservazione

E cosa c’entra l’Italia? Se la seconda economia dell’Eurozona se ne fregasse delle regole fiscali – si ragiona sui mercati – anche l’Italia rischia di seguirne la china. Con un debito pubblico al 140% del Pil sarebbe pericoloso. Il nostro Paese sarà chiamato formalmente a tagliare il disavanzo di un altro mezzo punto percentuale già per quest’anno, tramite una manovra di correzione dei conti pubblici. Servirebbero sui 13 miliardi di euro.

Possibili mosse di Meloni

L’Italia di Giorgia Meloni ha più di una carta da giocare in scia alle tensioni francesi. Supponiamo che il prossimo governo di Parigi, che sia guidato dal giovanissimo Jordan Bardella o da chicchessia, decida di infischiarsene del tetto al deficit o di chiedere alla Commissione europea una maggiore flessibilità fiscale. A quel punto, senza esporsi e fare rumore, Roma potrebbe ottenere altrettanto. Ai mercati interesserebbe che il tutto avvenisse senza tensioni con Bruxelles, anzi di concerto con i commissari. L’allarme spread rientrerebbe, a maggior ragione se la Banca Centrale Europea fosse espressamente chiamata dalla Francia a mettere a punto un meccanismo di difesa dei titoli di stato meno condizionato e più automatico.

Tuttavia, la vera carta che Meloni potrebbe giocarsi a beneficio della percezione sul debito pubblico sarebbe un’altra. Indipendentemente da cosa faccia e chieda Parigi, Roma avrebbe un incentivo a risanare i conti pubblici secondo le richieste di Bruxelles. Potrebbe farlo in tutto o in parte. Segnalerebbe ai mercati di essere più affidabile della Francia con rating AA-. Gli investitori ne prenderebbero nota, acquistando qualche BTp in più e vendendo Oat. Lo spread italiano si restringerebbe.

Esempio Portogallo

Non è teoria. Accade da qualche anno a questa parte con i titoli di stato di Spagna e Portogallo e, per ragioni parzialmente diverse, con quelli della Grecia. I rendimenti di questi paesi sono inferiori a quelli italiani. Lisbona, in particolare, si è dimostrato uno scolaretto esemplare. Taglia il deficit fino al pareggio di bilancio, fa le riforme economiche per stimolare la crescita del Pil e non si mette di traverso in Europa sulle regole fiscali. Questa sua posizione è stata premiata dai mercati, oltre che dalla politica comunitaria. Se l’ex ministro delle Finanze, Mario Centeno, fu già presidente dell’Eurogruppo (oggi governatore centrale lusitano), l’ex premier socialista Antonio Costa è stato appena nominato a capo del Consiglio europeo.

Costituire margini di manovra sui conti pubblici

Tra l’altro, se l’Italia di sua sponte facessi i compiti, la Commissione sarebbe indotta a tenere un atteggiamento più morbido con essa sia nell’immediato che nel prossimo futuro. E ciò possibilmente accrescerebbe i margini di manovra dei conti pubblici per quando ve ne fosse bisogno. Un pizzico di furbizia, insomma, anche se non a costo zero. I soldi per risanare il bilancio non sarebbero quelli del monopoli. Richiederebbero minori spese e/o maggiori entrate. E tra conferma del taglio del cuneo fiscale e delle aliquote Irpef, nonché nuove misure di abbassamento della pressione fiscale, l’operazione si configura tutt’altro che semplice.

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