In politica l’autocritica è un sentimento inesistente. Non esiste in natura che un ex capo di un governo demolisca il proprio operato, anche quando i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Nel migliore dei casi, però, esiste la consegna preziosa del silenzio. Giuseppe Conte è un personaggio sui generis. Sbaglia chi lo considera un non politico. Lo fu ai suoi primi passi, ma imparò in fretta il mestiere, talmente bene che nel giro di poche ore passò dal governare con la Lega a rimpiazzarla con il Partito Democratico.

Roba che “Democrazia Cristiana della Prima Repubblica, scansati proprio”.

Giuseppe Conte attacca governo Meloni

Giuseppe Conte è ormai l’unico leader del Movimento 5 Stelle. E’ stato abilissimo di sbarazzarsi del suo rivale interno più temibile, un tale Luigi Di Maio, che ad un certo punto si convinse sul serio di essere un bravo ministro o qualcosa di più. Le sue giravolte politiche gli hanno reso una vacanza nel Golfo Persico, dove si occupa con “eccellenti risultati” di energia per conto dell’Unione Europea.

Perché vi parliamo di Giuseppe Conte? Il governo Meloni ha varato il NADEF, la Nota di Aggiornamento al DEF di aprile. Ha rivisto al rialzo il deficit di quest’anno dal 4,5% al 5,3% e per il 2024 dal 3,7% al 4,4%. A causa della più bassa crescita del PIL, i conti pubblici miglioreranno meno del previsto. E alzando il disavanzo per l’anno prossimo, si libereranno risorse per 14 miliardi di euro da destinare al taglio del cuneo fiscale (10 miliardi) e alla seconda aliquota Irpef (4 miliardi). Lo spread è inevitabilmente salito a 200 punti, ben sotto i 250 toccati sotto il governo Draghi, ma comunque un dato elevato.

Superbonus e reddito di cittadinanza lasciti pentastellati

Per tutta risposta, cosa afferma Giuseppe Conte? Che il governo Meloni starebbe “strozzando l’economia” con una politica fiscale restrittiva. Va bene la prudenza sui conti pubblici, ammette, ma serve anche guardare ai conti delle famiglie, aggiunge.

In sostanza, per l’ex premier il centro-destra starebbe facendo troppa austerità. A suo dire, lo spread salirebbe per assenza di visione dell’esecutivo, non per i timori dei mercati circa la lievitazione del deficit. Ciliegina sulla torta: fare come il suo governo, che “grazie” al Superbonus stimolò la crescita del PIL del 12% (sic!).

Ecco, Giuseppe Conte ha un grande pregio per un politico: la faccia iper-tosta! Se c’è qualcuno che in un periodo come questo non dovrebbe farsi neppure intervistare, sarebbe proprio lui. Il suo Superbonus e altri bonus edilizi ci costeranno qualcosa come complessivi 120 miliardi. Eh, ma il diretto interessato sostiene che abbiano esitato un maggior gettito fiscale sui 100 miliardi. I calcoli delle associazioni indipendenti sono assai diversi. Il “buco” minimo ammonterebbe a una sessantina di miliardi. Tutto deficit che rischia di essere riclassificato e caricato sui prossimi anni, legando le mani al governo.

In pratica, i bonus di Giuseppe Conte impediranno il sostegno all’economia in un’eventuale fase di contrazione, perché hanno divorato già tutti gli spazi fiscali possibili e immaginabili. Per non parlare del reddito di cittadinanza. Fino a una decina di miliardi all’anno di sussidi, spesso finiti nelle tasche di lavoratori in nero o della criminalità organizzata. Le truffe sono state all’ordine del giorno. Quelle edilizie ammonterebbero già a 12 miliardi. E non pensiate che il loro recupero da parte dello stato sia scontato. In molti casi, le ditte aprono e chiudono e chi si è visto si è visto.

Disastro gestione pandemia

Giuseppe Conte è stato il modello di governo a cui ispirarsi per fare il contrario. Coadiuvato tra il settembre 2019 e il febbraio 2021 da un ministro dell’Economia laureato in Storia (Roberto Gualtieri, attuale sindaco di Roma), ha provocato un disastro dopo l’altro.

Nel 2020, dopo un’iniziale buona gestione della pandemia, si fece prendere la mano con restrizioni prive di spirito scientifico e che ebbero il solo effetto di deprimere l’economia italiana del 9%. In media, l’Eurozona si contrasse del 6,6%. Il deficit esplose al 9,5% contro una media nell’area del 7%.

Pnrr occasione persa

Eh, ma Giuseppe Conte strappò all’Europa 200 miliardi con il Pnrr. A parte che l’operato specifico del premier di turno fu marginale – Bruxelles s’inventò il Pnrr per arginare una nuova crisi del debito sovrano – parliamo perlopiù di prestiti da restituire, non certo di regalie. E ci ricordiamo perché il governo cadde subito dopo? Il premier non si era mostrato capace di scrivere nero su bianco un testo credibile per potenziare gli investimenti. Redasse una lista della spesa senza affrontare i mali atavici dell’Italia, in gran parte recependo richieste dei Comuni risalenti a prima del Covid. Piste ciclabili e pochi cantieri.

Il successore Mario Draghi cercò di metterci una pezza, ma era sostenuto dalla stessa maggioranza che aveva partorito Superbonus e Pnrr, per cui poco poté. Del resto, il Movimento 5 Stelle fu responsabile della caduta del governo di larghe intese proprio nell’estate del 2022. Non si capisce, quindi, la ragione per la quale Giuseppe Conte si appropri dei risultati di quell’esecutivo in termini di crescita. Inoltre, addebita quest’ultima in toto al Superbonus, come se all’infuori degli incentivi edilizi non ci fosse stato un contributo anche solo minimo al PIL. Insomma, voluta confusione di numeri per mascherare il fatto che il suo fu un governo disastroso proprio sul piano dell’economia.

Partito spandi e spendi di Giuseppe Conte

Le dichiarazioni di Giuseppe Conte, tuttavia, non sono solo frutto di faccia tosta. Egli si sta intestando la guida di quell’area progressista che vede nell’intervento dello stato un modo per risollevare le sorti dell’economia. Il PD di Elly Schlein non risulta credibile in tal senso dopo essere stato per decenni il principale sponsor dell’austerità fiscale e della genuflessione agli apparati europei.

Al di là delle motivazioni contingenti, il Movimento 5 Stelle non ha mai palesato alcuna linea di responsabilità sui conti pubblici. La parte del partito “spandi e spendi” gli riesce facile. E finalmente ha un leader che asseconda tutte le istanze di spesa dell’elettorato. A maggior ragione che adesso sta all’opposizione, sperando a lungo.

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