L’emergenza coronavirus causerà seri danni al mondo del lavoro. A dirlo  l’Organizzazione internazionale del Lavoro (Ilo) in un report in cui parla di “perdite devastanti in termini di ore di lavoro e occupazione“. In termini numerici il rischio è di 195 milioni di lavoratori persi e 25 milioni di posti di lavoro.

Peggiore crisi dopo Seconda guerra mondiale

Chiare le parole pubblicate nel rapporto: “L’aumento della disoccupazione a livello mondiale nel 2020 dipenderà molto dell’evoluzione della situazione e delle misure adottate. E’ molto probabile che a fine anno i numeri saranno significativamente superiore alla stima iniziale dell’Ilo che era di un massimo di 25 milioni“.

Nel report si si evidenzia che l’emergenza coronavirus è la peggiore crisi a livello globale dopo la Seconda guerra mondiale, questo perché un’altissima percentuale di lavoratori sono impiegati nei settori ad alto rischio licenziamenti o riduzione salari. Senza contare tutti quei lavoratori che già erano poco retribuiti o qualificati e quindi già svantaggiati. Particolare attenzione per i lavoratori che operano nei settori turistico alberghiero, ristorazione, industria manifatturiera, vendite al dettaglio e attività commerciali e amministrative. Un crollo di uno può rappresentare il crollo di tutti secondo Guy Ryder, direttore generale dell’Ilo, ecco perché è fondamentale sostenere le imprese, rilanciare l’economia e proteggere i lavoratori.

Milioni di posti di lavoro persi, i settori che ci rimetteranno di più

Secondo Unioncamere, senza nessun tipo di intervento si perderanno migliaia di posti di lavoro e metà solo nel settore turistico. Anche in questo caso l’impatto sul mondo del lavoro è senza precedenti sia sul lato della domanda che dell’offerta. Le stime parlano, solo per quest’anno, di almeno 422 mila occupati in meno non considerando chi è in cassa integrazione ordinaria o in deroga. A calare gli occupati dipendenti di 232 mila unità. Gli unici settori che potrebbero vedere la luce sono quelli legati alla sanità e assistenza sociale, servizi Ict, aiutati anche dallo smart working, e le industrie farmaceutiche.

Quelli più a rischio sono i lavoratori del comparto turistico e commercio mentre per le costruzioni, edilizia, industria della moda, servizi culturali e sportivi, gomma, materie plastiche e l’industria metallurgica le perdite saranno consistenti ma meno tragiche rispetto ai precedenti.

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