Il coronavirus continua a mietere vittime ma soprattutto una psicosi inerente i ristoranti ormai svuotati. Nonostante sembri risaputo che il temibile virus cinese non si trasmetta tramite prodotti acquistati via internet dalla Cina, ma neppure tramite il cibo che si mangia al ristorante, le prenotazioni sono in calo secondo un’indagine condotta da TheFork. 

Ristoranti vuoti

La nota piattaforma, infatti, ha segnalato un deciso calo delle prenotazioni online per i ristoranti cinesi. Come scrive today.it, “la discesa è iniziata a partire dal 20 gennaio, quando anche su Google Trends c’è stato un aumento delle ricerche del termine “coronavirus, che è ulteriormente cresciuto nella settimana del 27 gennaio“.

Nella pratica, The Fork ha registrato un calo del 43% delle prenotazioni nei ristoranti cinesi. Non sembra essere andata meglio ai ristoranti giapponesi, in cui le prenotazioni sono calate del 32% quando prima del fenomeno coronavirus sembravano essere in linea. 

Ristoranti chiudono per colpa del coronavirus

La psicosi è talmente grande che molti ristoranti non solo hanno visto ridurre di molto le prenotazioni, con conseguenti danni per gli affari, ma qualcuno ha anche chiuso i battenti fino a quando non sarà fatta maggiore chiarezza. Come scrive today.it, il ristorante Wheat Restaurant di Milano ha deciso di abbassare per un pò le serrande del locale: “Dopo una lunga e dolorosa riflessione sul quello che sta succedendo nel mondo e soprattutto in Italia. Con grande rammarico vi devo comunicare che abbiamo preso la decisione di chiudere per un po’ e sperare che le fake news finiscano”. Il problema, dunque, è che gli italiani continuano a non fidarsi e credono che andare a mangiare al ristorante cinese sia pericoloso, credendo anche a quelle fake news che circolano sulla modalità di trasmissione del virus. E molti altri locali a questo punto rischiano un destino simile o un calo drastico del giro d’affari.

In ogni caso anche il presidente dell’Istituto superiore di sanità (Iss), Silvio Brusaferro, ha voluto sottolineare che attualmente non abbiamo evidenze che il coronavirus si trasmetta attraverso il cibo o per via alimentare o anche da oggetti inanimati come giocattoli, vestiari o altri tipologia di materiale”.

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