Era il Natale del 2007 quando le radio passavano da mattina a sera il brano “No one” di Alicia Keys e Mika ci faceva ballare con “Relax”. E’ passato tanto tempo, anche se sembra ieri. E pensate che per l’economia italiana è come se il tempo non fosse mai trascorso. L’Istat ci informava ieri che il Pil italiano in termini reali si era portato alla fine del 2023 ai livelli di sedici anni prima. Finalmente, ci mettiamo alle spalle la crisi di Lehman Brothers.

Era il 15 settembre del 2008 quando il mondo intero assisteva con sgomento al crac di una delle banche d’affari più importanti, rimasta travolta dalla valanga dei mutui “subprime” non pagati. Decine di impiegati uscivano dalla sede di New York con gli scatoloni in mano e il volto incredulo per l’accaduto. Era la fine di un’era, per l’Italia l’inizio di un incubo senza fine.

Pil italiano travolto da Lehman e crisi debito

E dire che c’entravamo quasi niente con quella brutta storia. Le banche italiane non erano esposte verso il mercato dei mutui “subprime”, avendo preferito fare business tradizionale. Ciononostante, la nostra economia fu più colpita delle altre. Il Pil italiano collassava di oltre sei punti percentuali tra il 2008 e il 2009, ma era solo l’inizio di un tracollo drammatico. A differenza delle altre economie europee e degli stessi Stati Uniti, la ripresa negli anni immediatamente successivi fu tenue. E venne l’imprevisto: la crisi dei debiti sovrani. Grecia, Portogallo e Irlanda vengono schiacciati dal peso dei rispettivi debiti e necessitano salvataggi internazionali per evitare il default.

L’Italia finisce nel mirino della speculazione finanziaria. E’ la crisi dello spread, che porterà alle dimissioni l’allora governo Berlusconi e all’avvio di una politica di austerità fiscale per accelerare il risanamento dei conti pubblici e riguadagnare la fiducia degli investitori.

Ma il Pil italiano arretrerà ancora: del 3% nel 2012 e dell’1,8% nel 2013. Cinque anni dopo Lehman, risultava crollato dell’8,5% rispetto ai livelli del 2007. Negli anni successivi ancora, l’economia tornerà a crescere, ma a ritmi molto lenti. Prima del Covid, i livelli di Pil reale erano del 4,5% inferiori a quelli del lontano 2007.

Passi indietro rispetto ad altre economie europee

Ci sono voluti sedici anni per cancellare la crisi di Lehman Brothers, un lasso di tempo biblico. Nel frattempo, avverte l’Istat, abbiamo perso 10 punti percentuali nei confronti della Spagna, 14 della Francia e 17 della Germania. Una devastazione economica difficilmente spiegabile, se non con l’annotazione del lungo elenco delle criticità irrisolte da troppi decenni. Il Pil italiano ha sorpreso positivamente dopo il Covid, essendo cresciuto più delle altre principali economie europee. Un’accelerazione che ci ha consentito di riacciuffare i livelli del 2007 con qualche anno di anticipo sulle previsioni.

Crescita anche a colpi di deficit

Il problema è che siamo tornati a crescere dello zero virgola, anche se ieri la Commissione ha alzato le stime per il 2024 da +0,7% a +0,9%. L’unica consolazione, si fa per dire, è che lo stesso stanno facendo competitor come Francia e, soprattutto, Germania. Il colpo d’ali c’è stato, ma a fronte di un nuovo boom del deficit. Siamo arrivati a spendere fino al 9-10% del Pil italiano oltre le entrate. Così, siamo riusciti a fare meglio degli altri e il debito pubblico in rapporto al Pil è crollato quasi ai livelli pre-Covid dopo l’impennata al 155% nel 2020. Tuttavia, la riduzione veloce si deve essenzialmente all’alta inflazione del biennio 2022-2023. Un’anomalia negativa, che non sembra destinata (per fortuna) a ripetersi.

Pnrr sostegno per Pil italiano

A sostegno del Pil italiano ci sarà ancora per qualche anno il Pnrr. La Corte dei Conti ha evidenziato in questi giorni che l’Italia avrebbe finalmente ingranato la marcia.

Dopo anni di estrema lentezza nella capacità di spesa, stiamo riuscendo a mettere a terra i progetti. Ciò dovrebbe alimentare la crescita dell’economia, sebbene le voci in favore degli investimenti di portata realmente espansiva a medio-lungo termine siano state inserite quasi marginalmente nella stesura iniziale. Ad ogni modo, quanto accaduto dopo il 2008 deve restare scolpito nella nostra memoria. Abbiamo bruciato una generazione per l’incapacità di varare riforme che affrontassero i mali storici del Bel Paese. Solo la Grecia ha fatto peggio. Non stupisce che gli stipendi reali siano diminuiti persino in rapporto ai livelli del 1990. Già prima di Lehman eravamo molto mal messi. Il crac americano ha semplicemente acuito una crisi strisciante.

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