Entra in vigore da domani 1 gennaio 2024 la riforma fiscale voluta dal governo Meloni, che riduce da quattro a tre le aliquote Irpef e conferma il taglio del cuneo fiscale per i redditi fino a 35 mila euro lordi all’anno. Entrambe le misure costeranno 14 miliardi, di cui 4,3 miliardi per accorpare i primi due scaglioni di reddito.

Aliquote Irpef da 4 a 3

Le aliquote Irpef in origine furono ben 32 tra il 1974 e il 1982. Dopodiché scesero a 9 fino ad arrivare progressivamente a cinque al 2021.

Il governo Draghi le ridusse a quattro dal 2022. Fino ad oggi, i redditi delle persone fisiche dichiarati dai contribuenti sono sottoposti alla seguente imposizione fiscale:

  • 23% fino a 15.000 euro
  • 25% da 15.001 a 28.000 euro
  • 35% da 28.001 a 50.000 euro
  • 43% sopra 50.000 euro

Con l’entrata in vigore della riforma, le aliquote Irpef saranno le seguenti:

  • 23% fino a 28.000 euro
  • 35% da 28.001 a 50.000 euro
  • 43% sopra 50.000 euro

Salgono detrazioni per lavoro dipendente

In conseguenza dell’accorpamento dei primi due scaglioni di reddito, i benefici della revisione delle detrazioni per lavoro dipendente saranno estesi fino a 28.000 euro. La cosiddetta “no tax area“, infatti, viene innalzata a 8.500 euro e varrà fino a 28.000 euro. Quest’anno, invece, essa era pari a 8.145 euro e per i redditi fino a 15.000 euro, dopodiché diminuiva progressivamente. Altra novità: sarà resa uguale per lavoratori dipendenti e pensionati. L’obiettivo di legislatura resta di renderla uguale per tutte le categorie di contribuenti, inclusi i lavoratori autonomi a cui spetta una detrazione totale sui redditi fino a 5.500 euro all’anno.

In altre parole, non solo scendono le aliquote Irpef, ma i lavoratori dipendenti si vedranno aumentata la detrazione d’imposta da 1.880 a 1.955 euro fino a 28.000 euro, cioè di 75 euro. Su base mensile, fanno 6,25 euro in meno da versare al fisco.

C’è una pecca in questa riforma: non è strutturale. In effetti, le risorse individuate per finanziare il taglio nel cuneo e la riduzione delle aliquote Irpef riguarderanno il solo 2024.

Ovviamente, il governo prende tempo per trovare tra un anno le medesime coperture finanziarie, al fine di confermare l’abbassamento della pressione fiscale e contributiva. Ad ogni modo, sarebbe stato più opportuno farlo sin da ora. I contribuenti hanno diritto ad avere un quadro certo per capire quante tasse dovranno pagare e su quali redditi.

Riduzione aliquote Irpef, beneficio azzerato sopra 50.000 euro

Quanto al beneficio rispetto alle attuali aliquote Irpef, esso arriva al massimo di 260 euro in coincidenza con un reddito di 28.000 euro. Infatti, oggi un contribuente che dichiarasse tale importo, pagherebbe il 25% sopra i 15.000 euro. Da domani, pagherà il 23%. Il 2% in meno sugli ultimi 13.000 euro equivale esattamente a 260 euro. Il beneficio rimane chiaramente per i redditi più alti, anche se può azzerarsi sopra 50.000 euro. Il governo ha ridotto sempre di 260 euro per lo scaglione di reddito più alto le detrazioni complessive spettanti, ad esclusione delle spese mediche.

In definitiva, se dichiaro 55.000 euro, pagherò 260 euro in meno grazie alla riduzione a tre delle aliquote Irpef. Allo stesso tempo, se mi spettano 2.000 euro di detrazioni, spese mediche e bonus casa esclusi, il fisco me ne riconoscerà 1.740 euro. Di fatto, perderò i 260 euro di beneficio ottenuto, per cui la riforma per me sarà neutrale.

Obiettivo di legislatura: flat tax

La vera scommessa, tuttavia, sarà abbassare ulteriormente il carico fiscale e contributivo sui redditi medio-alti. In Italia, il 60% dell’Irpef è versata da quell’appena 13% di contribuenti che dichiarano almeno 35.000 euro. C’è una minoranza che si fa carico di sostenere il sistema dei servizi pubblici, sebbene vada più correttamente considerato che l’Irpef sia solo una delle varie imposte riscosse dallo stato e pesi per il 10% del PIL, circa un quinto delle entrate complessive.

Il governo Meloni punterebbe ancora sulla flat tax entro la fine della legislatura, vale a dire ad un’unica aliquota Irpef, così da stimolare l’occupazione, la produzione, gli investimenti e i consumi.

L’imposta conserverebbe una sua progressività attraverso il gioco delle detrazioni fiscali. Il costo dell’operazione non è del tutto chiaro. E’ evidente che non possano essere noccioline, altrimenti i risparmi per i contribuenti sarebbero marginali. E non è quello di cui ha bisogno il nostro sistema fiscale.

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