La Banca d’Italia ha pubblicato oggi i dati aggiornati sul debito pubblico. Nel mese di febbraio è aumentato a 2.872,437 miliardi di euro, segnando un ennesimo record storico. Rispetto a gennaio, la crescita è stata di 22,931 miliardi. Essa è stata dovuta per 14,088 miliardi al fabbisogno dello stato, vale a dire alle spese in eccesso sulle entrate. Per 8,564 miliardi, invece, si è trattato di un aumento delle disponibilità liquide del Tesoro, quelle che siamo soliti definire scorte di liquidità. Infine, hanno contribuito per altri 0,279 miliardi la rivalutazione dei titoli indicizzati, le variazioni dei tassi di cambio e gli scarti di emissione.

Debito pubblico di record in record

Il debito pubblico a febbraio ha segnato, dunque, un nuovo record assoluto. Non vi stupisca. Sarà sempre così nel tempo, a meno che lo stock non diminuisca, cosa che avverrebbe solamente nel caso in cui l’Italia riuscisse a chiudere i conti dello stato in attivo. Un’operazione che riuscì alla Germania negli anni pre-Covid, ma che tra le altre grandi economie mondiali è stato un fenomeno rarissimo. Un esempio furono gli Stati Uniti di Bill Clinton alla fine degli anni Novanta.

Le cause del boom a febbraio

Per quale motivo il debito pubblico è salito così tanto a febbraio e fin dove arriverà quest’anno? Quasi i due terzi del boom mensile lo si deve al fabbisogno dello stato, cioè al fatto che le spese abbiano superato le entrate. Tuttavia, per oltre un terzo è dovuto all’accumulo di liquidità del Tesoro. E’ un fatto consueto nella prima parte dell’anno. Il governo approfitta dei mercati più liquidi e propensi ad investire, emettendo più titoli del debito di quanto abbia bisogno. In genere, l’eccesso di liquidità viene ridotto gradualmente dall’estate e fino alla fine dell’anno. In quei mesi, molte aste vengono cancellate.

Al netto delle variazioni legate alle scorte, a febbraio il debito pubblico italiano è cresciuto di quasi 100 miliardi in un anno (+99,587 miliardi).

Parliamo di 8,3 miliardi al mese. In rapporto al Pil del 2023, il 4,8%. Ancora una percentuale altissima, che svela quanto i conti pubblici abbiano molta strada da percorrere prima di essere risanati. E non c’entrano i parametri del nuovo Patto di stabilità. Non è salutare per un bilancio dello stato chiudere in forte deficit e, peraltro, tornare ai vecchi tempi dei saldi primari negativi. In altri termini, oltre alla spesa per interessi c’è il fatto che spendiamo più di quanto incassiamo dalla pandemia in avanti.

Famiglie e investitori stranieri fanno incetta di BTp

La vera, brutta notizia è che il debito pubblico salirà vertiginosamente anche nei prossimi mesi. Dopo avere segnato un rialzo di oltre 105 miliardi nel 2023, ci attendiamo che a fine anno sfiori i 3.000 miliardi. Per l’esattezza, guardando al Def 2024 otteniamo che il livello di indebitamento dovrebbe attestarsi intorno ai 2.990 miliardi. Si desume dal rapporto con il Pil atteso in salita al 137,8% dal 137,3% dello scorso anno. E poiché il Pil nominale crescerebbe del 3,7% a più di 2.160 miliardi, ecco svelato il dato.

Questo significa anche che il debito pubblico lieviterà ancora di oltre 100 miliardi rispetto ai livelli di febbraio e di circa 116 miliardi da quelli di fine 2023. La buona notizia è che finora ha retto alla prova dei mercati. A gennaio, ad esempio, gli acquisti netti delle famiglie di BTp sono stati per 1,756 miliardi. La loro quota sull’intero stock è così salita all’11,45%. E a febbraio c’è stata l’emissione del BTp Valore 2030 ad avere certamente determinato un incremento in valore assoluto sopra i 340 miliardi dai 326,508 di tre mesi fa. Anche gli investitori stranieri stanno facendo la loro parte: +4,207 miliardi a gennaio, salendo al 23,02%.

Debito pubblico, preoccupazione per Superbonus

In un anno, le famiglie hanno acquistato più di 117 miliardi di BTp e gli investitori stranieri altri 44,4 miliardi.

Considerato che il debito pubblico nel frattempo sia salito di 99,6 miliardi, abbiamo la dimostrazione di quanto la domanda del retail, in particolare, sia servita per consentirne il rifinanziamento e le emissioni nette a rendimenti, tutto sommato, contenuti. Grande preoccupazione viene espressa dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, sull’impatto che starebbe avendo il Superbonus sui conti pubblici. A fine marzo le detrazioni erano salite sopra 122 miliardi, segnando una crescita di 7,8 miliardi in appena un mese.

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