Parigi e Roma, cugini non sempre in ottimi rapporti, ma obbligati a restare in buoni rapporti per ragioni familiari. Molti ritengono che le frequenti tensioni politiche, ma anche commerciali, finanziarie e sportive tra i due Paesi derivino dal fatto che siamo simili e ci ritroviamo spesso attivi sugli stessi campi di battaglia. In pochi hanno sinora, però, rimarcato le similitudini tra il debito pubblico francese e quello italiano. La narrazione che spadroneggia nel mondo è che l’Italia sia un Paese molto indebitato e in balia dei mercati, mentre la Francia stia sulla plancia di comando insieme alla Germania nell’Unione Europea, pur avendo conti pubblici molto meno solidi.

E se i numeri raccontassero una storia diversa da quella che siamo abituati a leggere?

Debito francese in mani straniere

In rapporto al Pil, il debito francese era a fine 2023 il 110,60% contro il 137,3% dell’Italia. Non c’è dubbio che il nostro sia più alto. In valore assoluto, 3.101 contro 2.863 miliardi. Ma non dovremmo limitarci al rapporto tra debito e Pil per valutare il grado di rischio sovrano. Sempre alla fine dello scorso anno, gli investitori stranieri detenevano circa 1.600 miliardi di euro di debito francese (1.597 miliardi per essere precisi) contro i 789 miliardi in Italia. In pratica, il 51% delle passività di Parigi erano in mano a non residenti contro il 27,6% per l’Italia.

Rischio di fuga dei capitali stranieri

Questi dati sono quasi sempre, se non sempre, interpretati a favore della solidità del debito francese. Poiché esso viene percepito poco rischioso, gli investitori stranieri si mostrano ben disponibili a finanziarlo. Che le cose possano stare realmente così, lo svelerebbe il fatto che anche il debito italiano fosse in mano per oltre la metà agli investitori stranieri nel 2010, poco prima che esplodesse la crisi dello spread. Da lì in poi, la loro quota è arretrata.

Questo indubbio punto di forza, tuttavia, rischia di trasformarsi in un punto debole in caso di shock.

Pensate proprio a questi giorni. C’è paura sui mercati che alle elezioni anticipate di fine giugno la destra lepenista vinca in Francia. I rendimenti degli Oat stanno risalendo e lo spread si allarga, pur restando contenuto. Cosa accadrebbe se lo scenario temuto divenisse realtà? I capitali stranieri lascerebbero Parigi con la stessa velocità con cui abbandonarono Roma oltre una dozzina di anni fa. Ad un tratto, la Francia si ritroverebbe con più della metà del suo debito da rifinanziare senza certezze sulla relativa domanda.

Punti di debolezza per Parigi

Per gli investitori stranieri nel loro complesso il debito francese rappresenta una percentuale minima dei loro portafogli. Viceversa, per i soli investitori domestici sarebbe molto complicato nel breve termine rimpiazzare i primi per finanziare il loro stesso governo. L’operazione richiederebbe anni e un forte riposizionamento dei portafogli interni. L’Italia sta portando ormai esplicitamente avanti questa strategia per allentare la dipendenza dai capitali esteri, i quali si mostrano più volatili di quelli domestici per diverse ragioni. Il piano sta funzionando, anche perché partivamo già da livelli altissimi di detenzioni dei BTp in mano agli istituzionali tricolori.

Un altro dato metterebbe in dubbio la solidità del debito francese come ci viene propinata da media e mercati. La Francia prima del Covid era in deficit primario strutturale, l’Italia in avanzo primario strutturale. Significa che la prima spendeva regolarmente più di quanto incassa, al netto degli interessi. Noi abbiamo speso di meno sin da inizi anni Novanta, anche se il peso degli interessi ha sempre zavorrato i conti pubblici in questi decenni.

Debito francese sopravvalutato dalle agenzie di rating

Infine, al 31 dicembre 2023 la Francia aveva una posizione netta degli investimenti con l’estero negativa per il 29,40% del Pil.

L’Italia vantava una posizione positiva pari al 7,40%. Ciò vuol dire che il sistema Italia detiene all’estero asset in misura maggiore di quanti ne detengano gli stranieri nel nostro Paese. Situazione opposta in Francia, dove all’occorrenza i residenti non disporrebbero di sufficienti risorse per rimpiazzare i capitali esteri nel finanziare il debito francese. E’ per questa ragione, ad esempio, che il debito giapponese viene valutato molto solido, anche se si attesta al 265% del Pil. Il Sol Levante ha una posizione netta positiva con l’estero pari all’80% del Pil. Resta il fatto che il debito francese sia valutato dalle agenzie di rating con giudizi molto alti e, francamente, assai generosi: AA-/AA-/Aa2 contro BBB/BBB/Baa3. Chissà che prima o poi la realtà non prevalga sui pregiudizi.

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