E’ ennesimo record storico per il debito pubblico italiano, che nel mese di aprile è salito a 2.811.604 miliardi di euro. Rispetto a marzo, l’incremento è stato di 21,8 miliardi. Esso è dovuto in parte all’incremento delle disponibilità liquide del Tesoro di 10,9 miliardi a 40,3 miliardi. Per il resto, di 9,1 miliardi è stato il fabbisogno delle amministrazioni pubbliche e l’effetto di scarti e premi di emissione, rivalutazione dei titoli indicizzati all’inflazione e variazioni dei tassi di cambio è stato di 1,8 miliardi.

Boom di aprile legato a scorte di liquidità

In altre parole, ad aprile il debito pubblico italiano è cresciuto solo in parte a causa del disavanzo fiscale.

Le spese hanno ecceduto le entrate, così come l’inflazione ha “gonfiato” le cedole che il Tesoro deve staccare in favore degli obbligazionisti per i titoli di stato indicizzati. Ma è stata anche la raccolta di liquidità in eccesso sul fabbisogno ad avere aumentato lo stock. In altre parole, il Tesoro ha accumulato scorte di denaro da utilizzare per quando eventualmente le condizioni di mercato dovessero risultare peggiori e, in ogni caso, a scopo cautelativo.

Su base annua il debito pubblico è salito di 50,66 miliardi. In termini percentuali, parliamo di un +1,83%. Di questo passo, ci vorranno poco più di 38 anni per raddoppiare lo stock delle passività a carico dei cittadini italiani. Ci sono voluti 22 anni per raddoppiare ai livelli attuali. In un certo senso, la situazione sembra sotto controllo, per quanto in rapporto al PIL il debito resta altissimo. Ha chiuso al 144,4% nel 2022.

Più famiglie e meno investitori stranieri

Ci sono luci e ombre, tuttavia. Al netto delle variazioni delle scorte di liquidità, il debito pubblico risulta cresciuto di ben 111,43 miliardi in un anno, cioè ad un tasso del 4,2%. Tantissimo. Gli basterebbero meno di 17 anni per raddoppiare. Questo è forse il principale dato negativo tra la sfilza di cifre pubblicate dalla Banca d’Italia.

E nel mese di marzo, ultimo mese per cui esistono dati circa l’origine dei creditori, gli investitori stranieri sono tornati a vendere titoli di stato italiani per un controvalore di 2,59 miliardi. In un solo anno, se ne sono liberati per 72,5 miliardi.

La buona notizia è che sono tornati a comprarli le famiglie italiane: +18,84 miliardi di euro in un solo mese e ben +94,19 miliardi in un anno. In pratica, rispetto all’aumento netto del debito pubblico nei dodici mesi il canale retail ha acquistato il 186%. Dunque, gli italiani stanno investendo nei BTp più di quanto stiano disinvestendo gli stranieri. La quota in mano alle famiglie è salita in un anno dal 5,24% all’8,50% a 239,444 miliardi. Tenuto conto solamente del debito pubblico espresso in titoli di stato, essa incide adesso per il 10,31%. E guardando alle sole emissioni nette di titoli di stato nell’ultimo anno (32,62 miliardi), gli acquisti delle famiglie sono stati pari al 289%, quasi il triplo.

Il dato sui titoli del debito pubblico in possesso delle famiglie è destinato a salire. Lo abbiamo visto con il collocamento del BTp Valore 2027. Il bond retail è stato sottoscritto durante la settimana scorsa per 18,19 miliardi, segnando un record storico. Non è difficile capire a cosa sia dovuta questa corsa. I rendimenti sovrani sono letteralmente esplosi nell’ultimo anno. I risparmiatori stanno trovando il modo di impiegare la liquidità in maniera proficua dopo anni di tassi a zero o negativi. E non esistono sul mercato dei capitali domestico alternative altrettanto redditizie e di pari grado di rischio.

Debito pubblico italiano in ulteriore ascesa

Il debito pubblico italiano continuerà a salire nei prossimi mesi. Dovrebbe chiudere l’anno in area 2.865 miliardi di euro, cioè segnando un rialzo di ulteriori 50-55 miliardi dai livelli di aprile. C’è scritto nel Documento di economia e finanze (DEF) approvato dal Consiglio dei ministri in primavera.

In rapporto al PIL, si attesterebbe al 142%. Il dato risulterebbe in calo in termini percentuali rispetto a fine 2022. I rischi non mancano. A fine mese, le banche italiane dovranno restituire alla BCE prestiti T-Ltro per 143 miliardi, ottenuti ad inizio pandemia a condizioni iper-favorevoli. Il sistema bancario domestico contribuisce in misura significativa alla domanda di BTp.

Dunque, se dovessero ritirarsi dal mercato, lascerebbero alle sole famiglie il compito di finanziare lo stato, a meno che non tornassero in misura palpabile i capitali stranieri. Da luglio, poi, la Banca Centrale Europea cesserà del tutto i riacquisti dei bond con il Quantitative Easing. Saranno in grado le sole famiglie di assorbire le emissioni nette da qui a fine anno? Visto il recente calo dello spread ai minimi da quattordici mesi, si sta diffondendo un cauto ottimismo, lievitato dopo il successo del primo BTp Valore. Ma il governo Meloni non potrà fare a meno della prudenza fiscale per mantenere intatta la fiducia riscossa nei suoi primi mesi di attività sui mercati finanziari.

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