Diverse novità sul Fisco sono arrivate ieri dall’approvazione della legge di Bilancio 2024 in Consiglio dei ministri. L’aliquota Irpef del 23% graverà sui redditi fino a 28.000 euro lordi all’anno, anziché fino ai 15.000 euro come al 31 dicembre 2023. Questo significa che i contribuenti con redditi superiori ai 15.000 euro pagheranno 20 euro in meno per ogni 1.000 euro in più di reddito. Il risparmio d’imposta massimo vale, quindi, 260 euro. Tenete a mente questo importo, perché coincide con le minori detrazioni Irpef ammesse sui redditi a partire dai 50.000 euro all’anno.

Già prima che si tenesse il Cdm, correvano varie ipotesi circa il riordino delle cosiddette “tax expenditures”. Sono oltre 600 in Italia e sottraggono allo stato gettito per 128 miliardi di euro in un anno. Disboscare questa giungla non è facile, anche perché si tratta di voci di spesa ammesse in detrazione per più anni, per cui lo stato ha già siglato un “patto” con il contribuente a cui deve tenere fede. Il vero problema, tuttavia, sembra essere un altro: le detrazioni Irpef addolciscono la pressione fiscale a carico dei contribuenti che pagano fin troppe tasse.

Elenco spese detraibili colpito

Partiamo dalla riforma di ieri. I contribuenti che dichiarano redditi per almeno 50.000 euro lordi, subiranno una decurtazione delle di 260 euro. Essa si applica all’ammontare complessivo portato in detrazione e comprende le seguenti voci:

  • oneri detraibili nella misura del 19%;
  • erogazioni liberali a favore di Onlus, iniziative umanitarie, religiose o laiche;
  • erogazioni liberali in favore dei partiti politici;
  • erogazioni liberali a favore degli enti del terzo settore;
  • premi di assicurazione per rischio eventi calamitosi.

Ad oggi, le detrazioni Irpef subiscono un décalage progressivo a partire dai 120.000 euro di reddito e si azzerano a 240.000 euro. L’ipotesi alternativa a cui lavorava il governo era di abbassare la soglia minima a 80.000 euro. La soluzione studiata risulta forse essere un po’ meno dolorosa alla generalità della platea coinvolta, ma il numero dei contribuenti penalizzato sale in misura cospicua.

Su 50.000 euro di reddito, 260 euro di minori detrazioni Irpef equivalgono a un aumento della pressione fiscale dello 0,52%. Tuttavia, lo stesso contribuente guadagna 260 euro in forma di minore aliquota Irpef sul secondo scaglione di reddito tra 15.000 e 28.000 euro.

Taglio detrazioni Irpef punitivo per chi paga tasse

In altre parole, i contribuenti sopra 50.000 euro si ripagano il taglio delle tasse con il passaggio da tre a due scaglioni. Tutti gli altri avranno un beneficio netto. I grandi numeri dicono che la penalizzazione per le detrazioni Irpef riguarderà una sparuta minoranza dei contribuenti. Ciò non toglie che si apre un dibattito annoso sull’equità del nostro sistema fiscale. In Italia, a dichiarare almeno 35.000 euro all’anno è appena il 13% della popolazione ed è responsabile del 60% del gettito Irpef. Un altro 32% proviene da chi dichiara tra 20.000 e 35.000 euro. Dunque, abbiamo che circa il 57% di chi presenta una dichiarazione dei redditi contribuisce per circa l’8% del totale.

Pagano in pochi. E questo diventa un problema di democrazia, non soltanto di giustizia fiscale. Se la maggioranza non avverte il peso delle proprie richieste, finisce con lo scaricare su una minoranza di contribuenti le proprie scelte. E tra questa folta maggioranza che di Irpef ne paga poca o niente si nascondono tanti finti poveri. C’è il mondo delle sotto-dichiarazioni, dei redditi totalmente nascosti al Fisco, dei lavoratori in nero, ecc. Ecco il motivo per cui sfoltire la boscaglia delle detrazioni Irpef è meno agevole di quanto si pensi. Il rischio è di colpire chi le tasse le paga per offrire qualche beneficio agli altri.

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