La britannica Gem Diamonds Ltd ha annunciato ieri la scoperta di una grossa pietra preziosa da 910 carati nella sua miniera di Letseng nel Lesotho, la quinta più grande di sempre, della dimensione di due palle da golf. Nel 2006, la stessa compagnia aveva scoperto nel medesimo stato africano un diamante da 603 carati e nel 2015 ne aveva venduto uno da 357 carati per 19,3 milioni di dollari. Non è possibile a priori stimare il valore della pietra, se è vero che Lucara Diamond Corp ne vendette l’anno scorso una da 1.109 carati per 53 milioni, ma nel 2015 segnò il record di 63 milioni incassati per una pietra più piccola, ovvero di 813 carati.
Il mercato dei diamanti sembra essersi rimesso in marcia da qualche anno, con Namibia, Singapore e Italia a rappresentare i mercati di sbocco più promettenti, grazie ai rispettivi tassi di crescita piuttosto interessanti. Lo scorso anno, il nostro paese ha importato pietre preziose per un valore complessivo di 800 milioni di dollari, uguale a quello delle importazioni francesi, ma di gran lunga superiore ai 224 milioni della Germania e corrispondenti a una quota di mercato dello 0,7%.
Aumentano le estrazioni di diamanti
La classifica è guidata dagli USA con 24,4 miliardi (20,8%), seguiti dall’India con 19 miliardi (16,2%) e completa il podio Hong Kong con 18,9 miliardi (16,1%). Da notare i 15,4 miliardi del Belgio (13,1%), che si colloca in quarta posizione e che si conferma uno dei principali hub mondiali dei diamanti.
E sul mercato si registra una novità importante per quest’anno. Il ministro delle Risorse Minerarie dello Zimbabwe, Winston Chitando, ha reso noto che nel 2017 sono state estratte dalla compagnia statale nel paese gemme preziose per 1,8 milioni di carati, il doppio dei 961.000 dell’anno precedente, annunciando che per il 2018 le estrazioni attese sono state innalzate a ben 3 milioni di carati, il 65% in più.
Zimbabwe torna sul mercato dei diamanti
Il peso della ZCDC sulle estrazioni totali di 2,6 milioni di carati nello stato africano è stato dell’80% nel 2017, ma dovrebbe scendere quest’anno intorno ai due terzi, dato che ci si attende una produzione complessiva di 4,6 milioni di carati, di cui 1,6 ad opera dell’unica altra compagnia ancora attiva, Murowa. Le società addette all’intaglio e alla pulitura delle gemme sarebbero scese, intanto, da 17 a solo 2 nel paese, segno della depressione del settore minerario sotto il lungo regime di Mugabe, che ha allontanato i capitali stranieri, sostenendo che avrebbero danneggiato l’economia locale per 15 miliardi di dollari.
Lo Zimbabwe risulta oggi l’ottavo produttore al mondo di diamanti e deterrebbe le seconde riserve più grandi dopo la Russia. All’apice della sua produzione nel 2012, i carati estratti qui furono pari a 12 milioni, quasi 5 volte in più dei livelli dello scorso anno. Da allora, il crollo per le politiche autarchiche di Mugabe. Adesso, però, alla presidenza è arrivato il tanto atteso avvicendamento, pur su pressione dei militari e il nuovo capo dello stato Emmerson Mnangagwa punta a far rifluire i capitali stranieri per stimolare un’economia praticamente lasciata dal predecessore più povera di come la trovò agli inizi degli anni Ottanta, con un pil pro-capite nominale uguale (dopo 36 anni) e famiglie e imprese devastate dall’iperinflazione del 2008-’09.
Non sappiamo quanti carati saranno offerti all’asta di febbraio, né il ritorno alla vendita impatterà i prezzi globali. Di certo, il mercato mondiale sarà vivacizzato e le compagnie straniere potrebbero presto tornare a investire nello Zimbabwe, dopo oltre un quinquennio di stop. (Leggi anche: Addio al compagno Bob, la Cina preferisce i diamanti alla purezza del marxismo)