I tassi italiani non sono stati così bassi negli ultimi 700 anni. Parola di Deutsche Bank, che ha studiato l’andamento dei tassi d’interesse nel Bel Paese dal quattordicesimo secolo ad oggi. Nel giro di 40 anni, scrive la banca tedesca, l’Italia è passata dal registrare i livelli più alti di sempre allo sprofondare ai minimi storici. Nel 1980, infatti, un BTp a 10 anni offriva anche oltre il 20%, oggi meno dello 0,70%. Con Gianmaria Panini, fondatore di ELVinvest, abbiamo cercato di capire quale impatto avrebbe questo trend sul mercato immobiliare.

Prima di riportarvi le sue considerazioni, ci sembra opportuno introdurvi qualche concetto di base sul legame tra tassi e mattone. Se lo stato italiano riesce a indebitarsi sui mercati finanziari a costi bassi, l’intera struttura dei tassi tenderà a contrarsi. Perché? Immaginate di essere una banca e che siate dinnanzi a una scelta: finanziare il governo o un cliente privato. Se il primo vi offre il 5% per un BTp a 10 anni e l’inflazione sta quasi a zero, chiaramente avrete tutta la convenienza a impiegare la vostra liquidità nel debito pubblico italiano, peraltro assumendovi rischi abbastanza contenuti. L’offerta di prestiti ai privati si riduce, i tassi si alzano e le famiglie troveranno più costoso comprare casa con il mutuo. La domanda di immobili si ridurrà e i prezzi di mercato scenderanno.

Viceversa, se i rendimenti dei BTp scendono, le banche avranno minore convenienza a comprarli e destineranno una maggiore quantità di denaro a favore della clientela privata. I tassi sui prestiti scenderanno, le famiglie potranno contrarre il mutuo a costi inferiori, la domanda di immobili crescerà e i prezzi degli stessi saliranno. In definitiva, bassi tassi “surriscaldano” i valori immobiliari, alti tassi li deprimono. Nel primo scenario, se ne avvantaggeranno le famiglie con scarse disponibilità liquide, nel secondo quelle con liquidità sufficiente da impiegare senza dovere passare per il mutuo in banca.

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Dai bassi tassi ai prezzi delle case

Abbiamo sintetizzato e semplificato al massimo il ragionamento per darvi un’idea generale del rapporto tra tassi e mattone. Ora, dobbiamo capire perché gli stati stanno riuscendo a indebitarsi a costi mai così bassi, pur a fronte di una crisi economica spaventosa. Le banche centrali sono scese in loro soccorso, azzerando i tassi e acquistando titoli di stato per iniettare la maggiore liquidità possibile sui mercati. Ciò sta deprimendo i rendimenti a livelli impensabili fino a poco tempo fa. E fino a quando l’inflazione non impensierirà gli istituti, le condizioni monetarie rimarranno molto accomodanti.

Panini ci spiega che questo scenario sia molto favorevole al mercato immobiliare. I privati detengono grosse scorte di liquidità pronte ad essere impiegate quando la crisi e le incertezze saranno alle spalle. I prezzi degli assets finanziari, però, risultano già spesso troppo alti e comprandoli si corre il rischi di intaccare il capitale investito. I prezzi delle case, invece, dipendono essenzialmente dai fondamentali macro, da fenomeni demografici e dalle preferenze delle famiglie su ciascun mercato. Con tassi così infimi, l’opportunità di contrarre il mutuo per lunghi anni cresce un po’ ovunque e questo non potrà che sostenere i valori commerciali degli immobili nel prossimo futuro.

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E con l’inflazione in rialzo?

Vero è che quando l’inflazione tornerà a fare la sua comparsa in Europa e nel Nord America le banche centrali dovranno alzare i tassi e inevitabilmente ciò impatterà in negativo sui mercati immobiliari. Ma Panini non crede che ciò avverrà presto. La Federal Reserve e, pur non ufficialmente, la BCE hanno messo le mani avanti: non aumenteranno il costo del denaro subito dopo che i tassi d’inflazione si saranno riportati stabilmente ai rispettivi target, in quanto tollereranno per un periodo non breve che tali target vengano superati per compensare gli anni in cui sono stati mancati (concetto di “simmetria” temporale).

Oltretutto, un po’ d’inflazione è quanto vadano cercando governi e governatori per smaltire parte degli enormi debiti pubblici e privati accumulati dalle economie. Questo scenario deporrebbe ancora una volta a favore dell’immobiliare, perché noi italiani per primi sappiamo che quando c’è inflazione le famiglie si rifugiano nelle case, oltre che in assets come l’oro, per mettere al riparo i loro risparmi dalla perdita del potere di acquisto. Pur non profetizzando uno scenario estremo come gli anni Settanta e Ottanta, trainato anche da ragioni socio-demografiche ed economiche, pensate a quello che accadde in quei due decenni, quando i prezzi degli immobili arrivarono a raddoppiare ogni tot anni. I bassi tassi sono qui per rimanerci a lungo e nelle aree ad alta crescita economica e demografica alimenteranno il rialzo dei prezzi delle case.

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