E’ scivolato ai minimi da un mese il cambio euro-dollaro, che in queste ultime sedute si è allontanato ulteriormente dalla soglia di 1,10. Ieri, si attestava intorno a 1,0877. A dicembre, era salito fin sopra 1,11. Un bel passo indietro, che spegne per il momento le speranze di chi ipotizzava un rafforzamento della moneta unica ai danni del biglietto verde. L’aspetto più curioso sarebbe che questo trend ribassista stia avvenendo contestualmente a una Banca Centrale Europea (BCE) meno accomodante rispetto al taglio dei tassi di interesse.

Da Davos, Svizzera, dov’è in corso il World Economic Forum, il governatore Christine Lagarde ha spiegato che non si può ancora cantare vittoria sull’inflazione e che l’allentamento monetario dovrebbe arrivare “in estate”.

In teoria, ciò avrebbe dovuto rafforzare il cambio euro-dollaro, dato che il mercato aveva scontato un primo taglio dei tassi BCE già per marzo. Tuttavia, è accaduta un po’ la stessa cosa negli Stati Uniti. La Federal Reserve dovrebbe rinviare al secondo trimestre il taglio dei tassi e i rendimenti americani sono risaliti lungo la curva. La scadenza decennale offriva ieri il 4,05% contro meno del 3,80% di fine dicembre. Questi movimenti rendono più allettanti i titoli del debito americano e attirano capitali stranieri, anche dall’Eurozona.

Cresce paura sui mercati

Ma non è solo il riposizionamento del mercato obbligazionario ad indebolire il cambio euro-dollaro. Le prospettive di crescita per l’economia europea si mostrano deboli. Viceversa, non ci sono ancora segnali evidenti di frenata per la prima economia mondiale. E cresce la paura sui mercati. Di cosa? Delle forti tensioni geopolitiche in Medio Oriente. Dopo la guerra tra Russia e Ucraina e quella tra Israele e Hamas, adesso ci sono anche gli attacchi dei ribelli Houthi nello Yemen ai danni delle navi mercantili occidentali in transito nel Mar Rosso. Stati Uniti e Regno Unito stanno reagendo con raid mirati.

Non è un caso che l’oro rimanga sopra i 2.000 dollari l’oncia, mentre il petrolio non s’infiamma e resta sotto gli 80 dollari al barile. La sensazione è che l’economia mondiale possa uscirne più debole da questi eventi, ma anche con un’inflazione che tornerebbe ad alzare la testa nei prossimi mesi. Insomma, lo scenario di una stagflazione diventa sempre meno teorico. Il cambio euro-dollaro risente del “fly to quality”. I capitali si dirigono verso i “safe asset”, tra cui il franco svizzero sempre molto forte e nei dintorni dei massimi storici contro la moneta unica.

Cambio euro-dollaro risente anche del voto USA

Infine, c’è il capitolo politico. Stati Uniti al voto per le elezioni presidenziali a novembre, mentre l’Unione Europea rinnova il Parlamento di Strasburgo a giugno. Saranno entrambi due momenti cruciali, anche se le maggiori tensioni si registrano in previsione del possibile rematch Trump-Biden. Il ritorno del tycoon alla Casa Bianca è dato per probabile. Ciò aumenta il nervosismo sui mercati per le possibili implicazioni geopolitiche. E il cambio euro-dollaro va giù, scontando l’incertezza del momento.

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