Quando la quasi totalità dei seggi in Italia è stata scrutinata, Fratelli d’Italia si conferma primo partito nazionale e accresce i suoi consensi sfiorando il 29%. A seguire un ottimo Partito Democratico al 24%. Dietro, il vuoto. Per un pelo resta terzo il Movimento 5 Stelle, ma sprofondando sotto la soglia del 10% e marcato stretto da Forza Italia al 9,75%. La Lega di Matteo Salvini si ferma intorno al 9,10%. Matteo Renzi e Carlo Calenda restano sotto il 4% e non porteranno nessuno a Bruxelles. Il segnale che arriva dalle elezioni europee sembra chiaro: chi, come l’ex premier Giuseppe Conte, sperava di andare avanti secondo una logica di assistenzialismo esasperato, è stato punito.

Conte punito, Meloni e Schlein trionfano

I grillini avevano promesso il reddito di cittadinanza europeo, un modo per galvanizzare l’elettorato al Sud con la proposta di far rientrare dalla finestra il sussidio abolito dal governo di Giorgia Meloni. Ma proprio al Sud gli elettori hanno disertato le urne e hanno mandato a tappeto l’M5S. Un risultato così pessimo non lo aveva previsto nessuno. Sotto il 10% è una catastrofe per l’autoproclamatosi “avvocato del popolo”.

A vincere sono state due donne: la premier e la segretaria dem Elly Schlein. Aiutate dalla polarizzazione della campagna elettorale, ha ciascuna delle due portato a casa il risultato ambito. La prima ha rafforzato l’esecutivo in vista degli appuntamenti internazionali (G7 e nomine europee) in cui l’Italia punta a rilanciare le proprie manovre. La seconda ha tutelato la segreteria e si è affermata unico perno del campo progressista. Da registrare il boom di Alleanza Verdi-Sinistra al 6,7%. Il flop di Renzi-Calenda è l’esito della spudoratezza di due leaderini capaci più a muoversi tra i banchi del Parlamento che ad attirare consensi.

Economia italiana cresce, negarlo è boomerang

Torniamo al discorso iniziale. L’assistenzialismo avrebbe dovuto essere la piattaforma programmatica del “campo largo” nelle intenzioni di Conte.

Si è rivelato un boomerang. L’occupazione in Italia è salita al record storico del 62,3%, la crescita del Pil c’è e l’inflazione è stata domata. La nostra economia si sta rimettendo in marcia e dopo un inizio travagliato, anche la capacità della Pubblica Amministrazione di implementare il Pnrr segnala vistosi miglioramenti. Nel Paese ci sono energie positive che vogliono prevalere su chi, per interesse o pura visione, vede sempre e comunque tutto nero.

Il governo Meloni esce rafforzato per diverse ragioni. La maggioranza che lo sorregge ottiene un consenso di tre punti percentuali più alto rispetto alle elezioni politiche del 2022. Fratelli d’Italia mantiene il primato e accresce il bacino elettorale, ma senza che gli alleati ne escano umiliati. Forza Italia regge alla scomparsa del suo leader e, anzi, si rafforza. La Lega sperava nella doppia cifra, mentre è stata sorpassata dagli “azzurri”. In ogni caso, il risultato non è negativo. Semmai, Matteo Salvini trae come lezione che non può colmare certo vuoto politico candidando un eccentrico generale.

Assistenzialismo non può essere perno per opposizione

E nell’opposizione cosa succede? Il PD non avrà più complessi di inferiorità verso un M5S al tramonto. Renzi-Calenda dovranno scegliere cosa fare da grandi e l’assistenzialismo non può essere la visione che accomuna i membri dell’alleanza progressista. Questa è stata rispedita al mittente dagli elettori. Conte non incanta più. Le sue politiche sono state devastanti per i conti pubblici e solamente il boom dell’inflazione, gonfiando il Pil nominale, ne ha mascherato sinora gli effetti. Ci ritroviamo con centinaia di miliardi spesi con il Superbonus e che ipotecheranno il bilancio dello stato anche nei prossimi anni, mentre fino a una decina di miliardi all’anno se ne sono andati con l’ex reddito di cittadinanza. Sperava di camparci elettoralmente a vita, mentre ieri è arrivata la batosta.

E nessuno se l’aspettava così pesante.

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