Molto presto per stimare con esattezza la profondità della crisi economica che l’Italia sta vivendo, così come per valutarne la durata. Le previsioni sono tutte molto negative, per quanto variabili. Confindustria ha stimato un secco -6% per tutto il 2020, partendo dal -10% che verrebbe accusato nel primo trimestre. Goldman Sachs prevede un tonfo dell’11,6%, seguito da un rimbalzo del 7,8% nel 2021. L’unica certezza su cui concordano tutti gli analisti è che quest’anno il deficit schizzerà alla doppia cifra e il debito pubblico salirà molto, forse finanche toccando o sfondando quota 160%.

Cerchiamo di capire con maggiore precisione quale sarà l’impatto a medio-lungo termine dell’emergenza Coronavirus sui conti pubblici italiani.

Sarà depressione economica ed esplosione del debito

Prendiamo per buoni i dati di Goldman Sachs, che ci sembrano vicini a quelli di Mazziero Research, con quest’ultimo a stimare per l’intero anno un -8/-10% del pil, pur annunciando una revisione delle previsioni, al fine di adattarle alla mutata realtà delle ultime settimane, con il “lockdown” più stringente deciso dal governo per arrestare il contagio. Presupponendo che l’inflazione si azzeri per quest’anno, risalendo all’1,5% nel 2021 e attestandosi all’1% nel biennio seguente, abbiamo che il pil nominale alla fine del 2020 crollerà a meno di 1.575 miliardi di euro e che un anno più tardi sarà rimbalzato a 1.720 miliardi, crescendo ancora a quasi 1.755 miliardi nel 2022 e portandosi a oltre 1.790 miliardi nel 2023, quando verrebbe finalmente superato il pil nominale del 2019.

Con questi dati, troviamo che il disavanzo fiscale per quest’anno esploderà oltre 180 miliardi, tra crollo delle entrate per almeno 87 miliardi, misure di sostegno all’economia già annunciate dal governo Conte per 50 miliardi e deficit già stimato a 43 miliardi prima della crisi. E non stiamo tenendo conto del possibile aumento della spesa per interessi, che per ipotesi (forte) stimiamo stabile per tutto il triennio in corso.

In realtà, a marzo il rendimento medio lordo dei nostri titoli di stato sul mercato secondario è raddoppiato all’1,19%, comportando a regime una maggiore spesa per interessi di almeno 12 miliardi sullo stock attuale. Ad oggi, il costo medio del nuovo debito risulta inferiore a quello dello stock accumulato, ma poiché i risparmi attesi sono stati già messi in conto ai fini di bilancio, l’impatto sui conti dovrebbe essere pressappoco neutrale.

Il boom del debito sarà permanente

Ebbene, alla fine di quest’anno il debito pubblico italiano sarà vicinissimo ai 2.600 miliardi di euro, attestandosi al 164,6% in rapporto al pil. L’anno prossimo, ammesso che le misure di sostegno all’economia venissero azzerate, il disavanzo fiscale scenderebbe a meno di una settantina di miliardi e il rapporto debito/pil calerebbe al 154,6%, 10 punti esatti in meno dell’anno in corso. E nel 2022, stimando una crescita del pil reale dell’1%, il deficit sarebbe sui 55 miliardi e il debito rimarrebbe invariato in rapporto al pil. Infine, stimando sempre una crescita reale dell’1%, nel 2023 avremmo un deficit a meno di 40 miliardi e un rapporto debito/pil al 153,5%. In quattro anni, il debito esploderà di oltre 340 miliardi, di cui la metà proprio per l’emergenza Coronavirus.

Chiaramente, stiamo ragionando a spesa pubblica ed entrate invariate rispetto al 2019, fatte salve le misure una tantum (?) varate dal governo contro la crisi. Lo scenario più credibile sarebbe di un peggioramento dei saldi di finanza pubblica, a causa dei bassi margini di manovra ormai disponibili per aumentare le entrate fiscali, data la già elevatissima tassazione, a fronte della necessità di sostenere gli investimenti in comparti come la sanità, rivelatasi più carente di quanto temessimo. E gli spread non giocheranno certo a nostro favore nei prossimi anni, con la prospettiva concreta di un repentino aumento della spesa per interessi, a meno che tra accomodamento monetario della BCE e interventi ad hoc del Fondo salva-stati, l’extra debito prodotto dall’Italia non venga scorporato sul nascere dal nostro bilancio nazionale.

In definitiva, i nostri conti pubblici non risentiranno più del Coronavirus dal 2023, quando il deficit sarà tornato ai suoi livelli ordinari, mentre quest’anno arriverebbe all’11,6% del pil. Fino ad allora, assisteremo a un rialzo del grado di indebitamento fino a quasi 30 punti, stabilizzandosi successivamente a +20 punti. Insomma, la pandemia prima o poi per fortuna passerà, le sue conseguenze sul piano fiscale rimarranno nel lungo termine.

E se il debito pubblico iniziasse a circolare come moneta parallela?

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