Se tutti pagassimo le tasse, ciascuno di noi contribuenti ne pagherebbe di meno. E’ una frase che abbiamo letto e sentito dire almeno migliaia di volte in una intera esistenza. Siamo sicuri che sia veritiera? In teoria, il ragionamento non farebbe una grinza. Lo stato incasserebbe di più e chiederebbe ai suoi cittadini minori quattrini per far quadrare i conti. Ma i politici hanno la cattiva tentazione, ovunque e in ogni tempo nel mondo, di spendere di più quando si ritrovano a gestire più denari pubblici.

Tralasciamo questo dato, perché l’evasione fiscale resta un tema centrale nel dibattito italiano. Con un debito pubblico che si avvia a sfondare la quota dei 3.000 miliardi di euro forse già entro quest’anno, sopra il 140% del PIL, apprendere che l’economia sommersa ammonterebbe a 192 miliardi fa un certo effetto.

Pressione fiscale reale alle stelle

La pressione fiscale nel 2023 si è attestata al 42,5% del PIL, stando alla Cgia di Mestre, ma quella “reale” risulterebbe al 47,4%. La seconda si ottiene calcolando il peso di imposte e contributi per i contribuenti fedeli. In altre parole, pur in calo dello 0,2% sul 2022 grazie all’abbassamento di Irpef, taglio del cuneo fiscale e aumento modesto del PIL, il cittadino italiano che effettivamente paga tutto quello che lo stato gli richiede, finisce per essere strangolato dal Fisco.

Il Ministero di economia e finanze stima in 83,6 miliardi l’effetto dell’evasione fiscale, cioè la sottrazione di risorse allo stato o “tax gap”. Fin qui, nulla che fosse ignoto. Andiamo a verificare adesso i dati per area geografica. Da decenni, la vulgata comune vuole che il problema sia perlopiù radicato nel Meridione. E che nel Sud vi sia un’elevata propensione ad evitare di emettere fatture, scontrini e al lavoro nero, nessuno lo può mettere in dubbio.

Evasione fiscale, differenze Nord-Sud

Solo che, stando sempre alla Cgia, nelle otto regioni sotto Roma più Isole (Abruzzo, Molise, Puglia, Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna) l’ammontare dell’evasione fiscale è stimata in poco meno di 63 miliardi contro gli oltre 129 miliardi del Centro-Nord.

I dati grezzi, tuttavia, poco ci dicono sull’effettivo impatto del fenomeno. Dobbiamo, anzitutto, considerare che al Centro-Nord vivano esattamente i due terzi della popolazione (66,5%) e al Sud+Isole un terzo (33,5%).

Da questa lettura preliminare, otteniamo quanto segue: nel Centro-Nord si ha il 67,2% dell’intera evasione fiscale nazionale, un tasso superiore al 66,5% della relativa popolazione. Al Sud+Isole si ha il restante 32,8%, un po’ meno del 33,5% della popolazione ivi residente. Dunque, l’idea che i cittadini meridionali siano meno propensi a pagare le tasse sembrerebbe venir meno. Ancora una volta, però, dobbiamo rapportare le grandezze con le relative dimensioni economiche. Ebbene, nel 2021 nel Centro-Nord si produceva il 77,9% del PIL contro il 22,1% del Sud+Isole. In termini pro-capite, il reddito risultava di 36.190 euro nel primo e di appena 20.370 euro nel secondo.

Ed ecco che il valore percentuale dell’evasione fiscale sotto Roma torna a salire in rapporto al PIL: quasi al 16% contro meno del 10% nel Centro-Nord. In definitiva, un cittadino del Centro-Nord evade mediamente oltre 3.290 euro all’anno contro i 3.180 euro di un connazionale del Sud+Isole. Poiché il primo produce quasi l’80% in più di ricchezza, in percentuale risulta evadere molto di meno.

Il peso dei lavoratori autonomi

D’altra parte, che il problema dell’evasione fiscale non sia prettamente meridionale lo suggeriscono altri dati. I lavoratori autonomi sono la categoria con la maggiore propensione a sfuggire al Fisco. Lo dicono le statistiche ufficiali del governo, in base alle quali tenderebbero ad evadere l’Irpef per il 67,2%. In altre parole, in oltre due casi su tre non pagano quanto dovrebbero. E per più del 70% si concentrano al Centro-Nord, con le prime quattro regioni (Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna) ad incidere per circa la metà del totale.

Evasione fiscale fenomeno nazionale

In conclusione, possiamo dedurre quanto segue: l’evasione fiscale è un fenomeno nazionale e come tale va affrontato. Ma esistono diversità tra Nord e Sud. Nel primo si concentrerebbe tra i lavoratori autonomi, mentre nel secondo sarebbe una tendenza più diffusa, anche se per importi unitari minori. Detto con parole semplici, se vai a Napoli è più probabile che ti ritroverai a pizzicare un commerciante a non battere lo scontrino per molte più volte, mentre a Milano basta la singola mancata emissione di una fattura da parte di una grossa azienda per raggiungere e superare in valore assoluto gli importi evasi da una miriade di contribuenti meridionali.

Parlare di evasione di necessità al Sud e di avarizia al Nord è, però, un discorso fuorviante, falso e controproducente. Milioni di lavoratori in nero nelle regioni del Mezzogiorno sono il risultato spesso di una scarsa cultura del rispetto delle regole, che altera la concorrenza e costringe molte imprese a rimanere nell’area grigia dell’economia sommersa. Non esiste un’evasione fiscale buona e tollerabile e un’altra cattiva e da punire. Ci sono solo dati da sfruttare per capire dove e perché si annidino con maggiore frequenza i mancati pagamenti di imposte e contributi. E perlopiù prescindono dai territori.

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