Ci sono leggende metropolitane difficili da smentire. Fanno leva quasi sempre su sentimenti diffusi quali paura, nostalgia, rabbia e frustrazione. Un tempo dilagavano grazie al passaparola, mentre adesso ci pensano i social a mixare pezzi di realtà a vere e proprie “fake news”. E un giorno sì e l’altro pure, da anni siamo costretti a sorbirci i profili di utenti amici con presunte tabelle a dimostrare quanto il potere di acquisto dei lavoratori italiani fosse più alto ai tempi della lira.

E non è un caso che, quasi sempre, il confronto avvenga con gli anni Ottanta, iconici per eccellenza. Fu un decennio di crescita, spensieratezza, modernità e crescente tecnologizzazione. Chiunque abbia vissuto quel periodo, in fondo per una ragione o l’altra lo rimpiange.

Fake news su potere di acquisto con la lira

Fare leva sui sentimenti, dicevamo, è la tecnica utilizzata dalle leggende metropolitane. E persino social per utenti più eruditi come LinkedIn non vi sfuggono. Classico post: indicare il costo di uno o più prodotti quando c’era la lira, raffrontarli con gli stipendi medi del tempo e dedurre che oggi staremmo senz’altro peggio. Un post più di altri ha attirato l’attenzione del sottoscritto. Il suo contenuto era il seguente: nel 1980 si guadagnava in media 2 milioni e 300 mila lire al mese e un gelato costava 1.500 lire. Oggi uno stipendio medio si aggira sui 1.600 euro e un gelato ci costa 2,50 euro.

Raffronto stipendi oggi con 1980

Secondo il post, nel 1980 un lavoratore poteva permettersi di comprare 1.533 gelati in un mese, mentre oggi appena 640. Cosa c’è di sbagliato in esso? Anzitutto, la metodologia. Ergere un solo prodotto o fosse anche un piccolo paniere di beni a rappresentazione complessiva del potere di acquisto è insensato. Il paniere dell’Istat, con cui mensilmente viene calcolata l’inflazione, è composto da oltre 1.900 prodotti. E pensate che viene aggiornato ogni anno per essere il più attinente possibile alle abitudini di consumo delle famiglie.

Dunque, fare del solo cornetto il simbolo del potere di acquisto in due ere differenti è qualcosa di grottesco. Ma il bello è che le cifre fornite sono del tutto destituite di fondamento. Nel 1980 lo stipendio medio di un italiano non era neanche lontanamente pari a 2 milioni e 300 mila lire, bensì di 352 mila al mese. E lo stesso prezzo di un cornetto Algida era di 400 lire. Dunque, ripetendo il ragionamento di cui sopra, 44 anni fa un lavoratore italiano era capace di acquistare circa 880 gelati al mese, non i millantati 1.533.

Redditi odierni più alti del 1980

E oggi? Dal 1980, stando ai dati Istat, i prezzi al consumo sono lievitati di circa il 464%. Tramutando lo stipendio medio di allora in euro, otteniamo quasi 182 euro mensili. Rivalutandoli per l’inflazione, sarebbero quanto circa 1.025 euro di oggi. Chiunque oggi percepisca più di questa somma, può affermare di possedere un potere di acquisto superiore al 1980. E per fortuna, stiamo parlando della generalità dei casi. In altre parole, i lavoratori italiani stanno meglio, non peggio rispetto a una quarantina di anni fa.

E perché le “fake news” hanno così tanto successo su questo tema? E’ indubbio che gli stipendi italiani siano fermi da decenni, anzi persino in calo in termini reali rispetto agli inizi degli anni Novanta. Ciò porta a guardare con nostalgia a tutto quello che esisteva fino a prima dell’euro, un po’ anche perché il passato ci rievoca sempre i bei ricordi della giovinezza o infanzia che fu. Paradossale, tuttavia, associare alla lira il presunto maggiore potere di acquisto. Prima dell’euro uno dei principali problemi di noi italiani era di avere a che fare con prezzi instabili. L’inflazione era alta, quasi sempre più che altrove. Proprio nel 1980, ad esempio, superò il 21%.

Fu il tasso più alto in era repubblicana.

Potere di acquisto salvaguardato con l’euro

Per questa ragione la lira italiana veniva frequentemente svalutata contro il marco tedesco e le altre valute del Sistema Monetario Europeo. Ad essa venivano consentite oscillazioni ben maggiori attorno alla parità, in ragione della sua relativa debolezza legata proprio all’alta inflazione. Tant’è che il passaggio all’euro fu salutato un po’ da noi tutti con sollievo. Speravamo di metterci alle spalle l’instabilità e di salvaguardare il potere di acquisto dei redditi. Ed è stato così. Da quando c’è l’euro, l’inflazione italiana è stata in media dell’1,9% all’anno. Il nostro problema è che non sono cresciuti i redditi. Potremmo discutere per giorni sulle ragioni. Sta di fatto che, una volta per tutte, dobbiamo smentire le ricostruzioni social su quanto fossimo ricchi nei mitici anni Ottanta rispetto ad oggi.

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