Il boom di ascolti della prima serata non c’è stato, anche se un po’ era prevedibile, avendo cantato già tutti i trenta cantanti in gara martedì. Ma anche il confronto con la seconda serata del Festival di Sanremo 2023 è stato negativo: 60,1% di share contro il 62,3%, pari a una media di 10 milioni e 361 mila telespettatori contro i 10 milioni e 545 mila di un anno prima. La prima serata aveva portato in dote 10, 6 milioni di telespettatori e uno share del 65,1%, il più alto dal 1995, anno di conduzione di Pippo Baudo.

Poco e presto per dire se l’effetto Amadeus stia per finire (i dati di ieri smentirebbero l’allarme), mentre le critiche alla Rai non mancano per via di uno spettacolo che si pone sempre più fuori da quella è che la missione del servizio pubblico. E il caso John Travolta è tutt’altro che da minimizzare.

Amadeus e Fiorello imbarazzanti

Il tema si presta ad essere interpretato da più punti di vista, come giustamente deve essere. Sanremo non è finanziato dal canone Rai, in quanto più che copre i costi grazie agli introiti pubblicitari. Anzi, i ricavi attesi dovrebbero triplicare le spese e portare alla Tv di stato un gruzzoletto netto vicino ai 40 milioni di euro. Soldi preziosi per cercare di chiudere il bilancio in pareggio e forse persino con un minimo attivo. Ma basta questo per poter affermare che tutto ciò che accade nei cinque giorni della kermesse canora sia giustificabile alla luce di ascolti e fatturato? Il Festival può diventare ufficialmente una zona franca per poter dire e fare qualsiasi cosa non sia possibile nel resto dell’anno per onorare il servizio pubblico?

Quanto accaduto mercoledì sera deve farci riflettere. Arriva all’Ariston un attore di fama internazionale e origini italiane, il mitico John Travolta. Pare che si sia auto-invitato, soggiornando nelle vicinanze del teatro in cui si tiene il Festival.

Questo è un altro discorso. Sarebbe stata l’occasione da sfruttare per massimizzare l’immagine della Tv italiana nel resto del mondo. E, invece, cosa succede? Che Amadeus e Fiorello, conduttore e co-conduttore evidentemente ormai iper-consumati, gli facciano interpretare una gag ridicola, senza senso e sconclusionata con il ballo del qua qua. L’attore è visibilmente irritato e imbarazzato, sebbene conoscesse la scena che avrebbe dovuto recitare. L’indomani fa sapere che non firmerà la liberatoria per ritrasmettere la gag. In pratica, chi l’ha vista in diretta bene (male, dal suo e forse il punto di vista un po’ di tutti), ma di mandarla in onda successivamente anche no.

Servizio pubblico tradito dalla corsa agli ascolti

E’ questo che le “migliori maestranze” dello spettacolo italiano riescono a produrre? Ed è giusto che ciò avvenga in Rai, che ha ragione eventualmente di esistere solo in rapporto al servizio pubblico pagato dagli utenti con il canone coattivo in bolletta? Non ci si venga a dire che, essendo gli sponsor a pagare, alla fine tutto possa essere trasmesso indipendentemente dal fatto che siamo nel canale ammiraglia della Tv di stato. Non è esattamente così. Se, ad esempio, gli introiti risultassero inferiori ai costi, la perdita graverebbe sul bilancio complessivo e priverebbe la Rai di risorse da destinare proprio al servizio pubblico.

E il fatto che il business di Sanremo vada fin troppo bene, non autorizza nessuno degli addetti ai lavori ad immaginare che possa riempirlo di contenuti spazzatura e lesivi di quel pluralismo su cui il servizio pubblico si fonda. Se ragionassimo così, non ci sarebbe un solo motivo per versare il canone esclusivamente alla Rai. A quel punto, che lo si mettesse all’asta al migliore offerente e lo si distribuisse a tutti i gruppi radio-televisivi che s’impegnano a produrre contenuti in linea con il contratto.

Anche perché nell’era di internet e delle pay tv, non è francamente più accettabile che Viale Mazzini si consideri unico depositario di un’imparzialità dell’informazione mai esistita e di una qualità della programmazione altrettanto dubbia.

Sanremo spia di una Rai da privatizzare

La scena patetica che ha coinvolto Travolta non è stata certamente l’unica imbarazzante del Sanremo di quest’anno. Se nella passata edizione erano stati l’assenza di pluralismo e l’eccessivo spazio occupato dai Ferragnez ad avere scatenato le polemiche, questa settimana cadono le braccia a seguire dialoghi scritti male, interpretati peggio e dai contenuti a metà strada tra il trash e la convinzione che siano impegnati. Una frase di Amadeus in risposta alle polemiche sul caso Travolta deve farci riflettere: “io mi sono divertito”. Come se la Tv o un programma fossero un giocattolo nelle mani del conduttore, a suo uso e consumo e non a beneficio di chi guarda. E pensare che certe frasi non scappano neppure nelle reti commerciali. Che sia arrivata l’ora di privatizzare la Rai? Per la serie “tutto il trash che volete, ma almeno non ammantatelo di falsi buoni propositi”.

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