Una decisione a sorpresa, visto che il mercato la scontava con probabilità non superiori al 35%. La Banca Nazionale Svizzera (BNS) ha annunciato stamattina di avere tagliato i tassi di interesse dall’1,75% all’1,50%. Ha giustificato la mossa con la previsione di un tasso d’inflazione “sotto il 2” per i prossimi anni. E ciò è compatibile con la sua definizione di “stabilità dei prezzi”. L’istituto si pone come obiettivo una crescita dei prezzi al consumo compresa tra 0 e 2% nel medio termine. L’annuncio è il primo in tal senso tra le grandi banche centrali del pianeta.

Il franco svizzero ha reagito cedendo subito tre quarti di punti percentuali contro l’euro e scendendo ai minimi da nove mesi. La valuta elvetica perde così poco meno del 5% contro la moneta unica dall’inizio dell’anno, attestandosi mentre scriviamo a 0,9765.

Franco svizzero, grafico storico

Franco svizzero, grafico storico © Licenza Creative Commons

Franco svizzero giù con interventi sul forex

A febbraio, l’inflazione elvetica è scesa all’1,2%. C’è da dire che la Svizzera non ha registrato livelli elevati come nel resto del mondo ricco. Il suo apice lo raggiunse nell’agosto di due anni fa al 3,5%. La strategia portata avanti dalla BNS per lottare contro il carovita è stata non solo di aumentare i tassi di interesse, ponendo fine all’era dei tassi negativi. Essa ha altresì venduto parte delle immense riserve valutarie accumulate nel decennio passato: 22,3 miliardi di franchi nel 2022, ben 132,9 miliardi nel 2023.

Grazie a questa operazione di intervento sul mercato forex, il franco svizzero si è potuto apprezzare e ciò ha ridotto il costo dei beni importati. Ha funzionato. Tuttavia, adesso che l’inflazione è scesa ampiamente sotto il 2%, la BNS ha comunicato che non darà più seguito a tali vendite di valute straniere, essenzialmente euro e dollari. Questo ha contribuito negli ultimi mesi a indebolire il cambio, oltre alla previsione di un taglio dei tassi ravvicinato.

Non solo l’inflazione è bassa, ma anche la crescita economica si sta spegnendo. L’anno scorso è stata solamente dello 0,7% dal 2,6% del 2022.

Jordan lascia l’incarico a settembre

L’indebolimento del franco svizzero alla BNS può convenire per due ragioni. Per prima cosa, aumenterebbe il costo dei beni importati e per tale via impedire l’attecchimento della deflazione. Secondariamente, esso sosterrebbe le esportazioni e rinvigorirebbe così la crescita del Pil. Tra l’altro, il governatore Thomas Jordan ha annunciato nelle scorse settimane che a settembre si dimetterà dal suo incarico con un anticipo di ben quattro anni rispetto alla scadenza del mandato. E’ al timone della banca centrale dal 2012. Sotto di lui il franco svizzero si è apprezzato ai massimi di sempre contro l’euro proprio nei mesi scorsi.

Jordan pose fine al cambio minimo di 1,20 contro l’euro in quel famosissimo e scioccante 15 gennaio 2015. Il rapporto tra le due valute precipitò all’istante fino a un minimo di 0,8423. Pensate che nel 2007 un euro era arrivato a scambiare a 1,7146, toccando il suo record contro la valuta elvetica. Per convenzione, tuttavia, il massimo storico del franco svizzero si considera quello dei mesi scorsi a 0,9254, essendo stato un corso di riferimento più stabile per il mercato.

Franco svizzero giù con il taglio dei tassi

Franco svizzero giù con il taglio dei tassi © Licenza Creative Commons

Quale futuro per il cambio

Cosa può accadere d’ora in avanti? Il franco svizzero è un safe asset, porto sicuro per i capitali quando esistono tensioni di varia natura sui mercati finanziari. Non a caso, si apprezzò moltissimo negli anni della crisi dei debiti sovrani dell’Eurozona. A questa sua caratteristica non si può sfuggire. Nelle scorse ore l’oro ha toccato un nuovo record sopra 2.200 dollari l’oncia, segno che gli investitori hanno un po’ di paura, al di là delle ordinarie reazioni al possibile taglio dei tassi globale atteso a breve.

L’incertezza relativa alle elezioni presidenziali negli Stati Uniti, così come all’andamento delle guerre tra Russia e Ucraina e tra Israele e Hamas, depongono a favore della valuta elvetica.

Oltre tutto, in un mondo sommerso dai debiti la Svizzera ha il 40% di debito pubblico sul Pil. Ha un bilancio confederale quasi regolarmente in attivo e vanta storicamente bassi tassi d’inflazione. Ciò non evita possibili ulteriori perdite al franco svizzero nel breve periodo, ma ipotizzare che da ora in avanti inizi una fase di deciso declino a favore di euro e dollaro non sembra realistico. Infine, non dimentichiamo che il paese alpino possiede riserve valutarie ancora altissime. Pur in calo dai massimi di sempre di 947 miliardi di franchi ad inizio 2022, a febbraio ammontavano a 678 miliardi, in ripresa dai 642 toccati a novembre.

Sul franco svizzero occhio ai depositi a vista

Jordan e il suo successore potranno sostenere il franco svizzero se lo ritenessero opportuno, avendone tutti gli strumenti. Da monitorare per questo il livello dei cosiddetti “depositi a vista”. Dai 754 miliardi del maggio 2022 sono crollati a poco più di 469 miliardi al 18 marzo scorso. Nel 2010 erano ancora sotto i 100 miliardi. Si tratta di un indicatore “proxy” per valutare gli interventi della SNB sul mercato forex per regolare la forza del franco svizzero. Quando vende valute straniere, riceve in cambio franchi dalle banche e i depositi a vista scendono. Quando acquista valute straniere, rilascia franchi alle banche, che accrescono i loro depositi a vista presso lo stesso istituto.

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