La pandemia ha fatto schiantare le economie del pianeta durante i primi mesi, anche se il recupero è iniziato subito dopo l’allentamento delle restrizioni. Tuttavia, le borse hanno anticipato la risalita e hanno segnato rialzi spettacolari dai minimi toccati nella primavera del 2020. Ad approfittarne sono stati particolarmente i fondi sovrani, un indizio indirettamente positivo per il debito pubblico italiano.

Secondo il Sovereign Wealth Fund Institute (SWFI), alla fine dello scorso anno gli asset gestiti dai fondi sovrani di tutto il mondo erano aumentati del 10% rispetto al 2020, salendo a 9.400 miliardi di dollari.

Del 20,66% è stata, invece, la crescita degli asset dei fondi pensione pubblici, saliti a 23.600 miliardi. In totale, più di 33.000 miliardi. Raffrontando tali valori con quelli del 2019, cioè prima che arrivasse la pandemia, la crescita risulta essere stata complessivamente di 4.876 miliardi. Un valore, che corrisponde a quasi il doppio del debito pubblico italiano in forma di titoli di stato e quasi 6,5 volte la capitalizzazione di Piazza Affari.

Debito pubblico e capitali sovrani

Queste cifre dimostrano che nel mondo esistono centinaia di investitori pubblici (161 i fondi sovrani e 275 i fondi pensioni statali censiti da SWFI) con ampie disponibilità di capitali. Sono questi soggetti a cui dovremmo guardare per piazzare i titoli del debito pubblico sul mercato. Si tratta di fondi con orizzonte temporale medio-lungo e non speculativi, perlopiù a caccia di asset di qualità. Pensate che se solamente il 2% degli asset fosse investito in BTp e altri asset domestici – stessa quota di incidenza dell’Italia sul PIL globale – quasi 600 miliardi di euro sarebbero dirottati sul nostro mercato sovrano. Una cifra rilevante, se considerate che a settembre gli investitori stranieri (perlopiù privati) detenevano 715 miliardi di euro in BTp, di cui almeno 60-70 erano acquisti condotti dalla BCE.

Come potrebbe l’Italia attirare i fondi sovrani per piazzare il proprio debito pubblico? Garantendo certezze sul piano fiscale, economico e politico.

I nostri BTp sono titoli a basso rischio nei fatti, ma esposti ad elevata volatilità a causa delle vicissitudini politiche interne. L’instabilità dei governi non aiuta, così come la messa in discussione della nostra permanenza nell’Eurozona da parte di alcune fazioni partitiche ai fini della propaganda elettorale. In altre parole, dovremmo normalizzarci nei toni e trovare soluzioni più efficienti di gestione delle istituzioni. Ma trattasi di problemi che il nostro Paese di tira dietro da molti decenni e che, purtroppo, difficilmente saranno superati in breve tempo, ammesso che si abbia la volontà di farlo.

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