Prima ancora che il vertice del G7 in Puglia inizi ufficialmente nella giornata di oggi a Borgo Egnazia, comune di Fasano, provincia di Brindisi, è arrivato l’accordo tra i sette grandi della Terra sugli aiuti all’Ucraina per 50 miliardi di dollari. Da quanto emerge dalla stampa internazionale, le trattative nelle prossime ore proseguiranno sui dettagli tecnici.

G7 in Puglia, intesa su asset russi congelati

La premier Giorgia Meloni accoglierà i capi di stato e di governo di Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Francia, Germania e Giappone.

Sinora si era mostrata riluttante nell’utilizzare gli asset russi “congelati” a seguito delle sanzioni occidentali contro Mosca dopo l’invasione dell’Ucraina. La sua posizione è stata e risulta in linea con quella di Bruxelles, che teme la violazione dell’ordinamento internazionale con la conseguente perdita di credibilità per il sistema finanziario europeo.

Gli aiuti all’Ucraina si rendono necessari per sostenere la reazione di Kiev dinnanzi all’avanzata russa ormai consolidatasi nelle regioni orientali. Si avverte il pericolo di arrivare ad un eventuale negoziato con il Cremlino in una posizione di estrema debolezza. Vladimir Putin potrebbe convincersi, altresì, che Europa e Nord America non vogliano sostenere l’alleato fino in fondo. Ne risulterebbe minacciata la sicurezza dell’intero Vecchio Continente.

Dubbi tecnici sull’accordo

Cosa prevede l’accordo, premesso che non sia stato ancora ufficializzato? Esso consisterebbe in un prestito erogato da 22 paesi (15 all’infuori del G7) in proporzione alle rispettive dimensioni economiche. Sarebbe garantito dagli interessi maturati dagli asset russi congelati. Le prime erogazioni arriverebbero a Kiev entro l’anno. Ci si chiede se non sia già troppo tardi. Al G7 in Puglia sarà presente anche il presidente Volodymyr Zelensky, il quale probabilmente farà presente ai leader che gli aiuti all’Ucraina serviranno subito, non tra alcuni mesi.

Da mesi esistono parecchi dubbi sul piano tecnico riguardo al piano.

Gli asset russi congelati ammontano a 325 miliardi di dollari, detenuti per l’80% in Europa. Ma i loro rendimenti annuali sono di pochi miliardi all’anno, insufficienti a garantire gli aiuti all’Ucraina in tempi brevi. Il prestito dovrà avere necessariamente una durata lunga. Si parla di non meno di venti anni. Ma quanto è credibile che il congelamento degli asset russi duri così tanto? Equivarrebbe ad un esproprio vero e proprio, cosa che spingerebbe Mosca ad appellarsi al diritto internazionale. In ogni caso, l’Occidente rischia di pagarne il prezzo con la perdita dei capitali dal resto del mondo.

Aiuti Ucraina, verso piano B

Banca Centrale Europea e Commissione europea ad oggi si sono mostrate tiepide sulla misura. Temono che l’euro perda appeal più del dollaro, non essendo una valuta di riserva globale. L’Unione Europea segnalerebbe di non essere una terra sicura per i capitali provenienti da economie non allineate sul piano geopolitico. Queste titubanze hanno impedito all’amministrazione Biden di ottenere la soluzione più drastica desiderata: l’esproprio degli asset russi per offrire aiuti all’Ucraina. Francia e Germania hanno spinto nelle ultime settimane sull’acceleratore del piano B, più che altro per ragioni di politica interna. I rispettivi governi vogliono mostrarsi vicini a Kiev e più affidabili agli occhi di Washington rispetto alle alternative nascenti a destra.

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