I siti cospirazionisti lo dipingono come l’uomo che starebbe dietro a quasi qualsiasi nefandezza accaduta nel mondo negli ultimi decenni. Ad agosto compie 93 anni e da tempo si è autoproclamato nemico giurato di ogni politico di tendenze conservatrici. George Soros è uno degli uomini più ricchi sulla Terra. Vanta un patrimonio di 25 miliardi di dollari e da anni si batte per sostenere con la sua filantropia i candidati liberal per superare gli stati nazionali e fare attecchire ovunque i diritti delle minoranze, immigrati in testa.

Di origini ebraiche, da piccolo fu costretto a lasciare l’Ungheria, in cui risiedeva la sua famiglia, per sfuggire al regime comunista. E’ da molto tempo un cittadino statunitense. E se vi dicessimo che Soros è stato senza neppure prevederlo il grande picconatore dell’Unione Europea prima ancora che nascesse?

Da Thatcher a Major: Londra verso l’euro

Il suo nome è giustamente associato all’attacco speculativo contro la lira italiana e, soprattutto, la sterlina inglese. Siamo agli inizi degli anni Novanta. A Londra alla Lady di Ferro, Margaret Thatcher, era stato dato il benservito dal suo stesso partito per via della sua opposizione all’integrazione nella futura Unione Europea. L’allora premier si dimise in contrasto con l’idea di gran parte dei Tories di aderire alla moneta unica. Rivendicava tra l’altro la centralità del Parlamento di Westminster nei processi decisionali e temeva che Bruxelles li avrebbe avocati a sé.

A succederle fu John Major, che era stato suo cancelliere dello Scacchiere, in pratica il ministro delle Finanze. Di tendenze europeiste, l’uomo governerà dal novembre del 1990 al maggio del 1997. Il suo arrivo alla guida del governo coincide con una fase di recessione economica e di alta inflazione. Tenete bene a mente questo dato. Nel frattempo, la Germania si era appena riunificata dopo la caduta del Muro di Berlino nel novembre 1989.

Poiché l’ex DDR versava in condizioni di forte arretratezza economica, l’ex Germania Ovest si era impegnata a sostenere i nuovi Laender con un ingente piano di investimenti pubblici.

E cosa accade quando lo stato si mette ad investire massicciamente? L’inflazione rialza la testa. Fu così che si passò dal 2,7% del 1990 al 4,05% del 1991 per salire ancora al 5,06% nel 1992. La Bundesbank reagisce alzando i tassi d’interesse. In quegli anni, le monete nazionali europee erano tutte legate tra di loro da tassi di cambio semi-fissi. Si muovevano all’interno di una banda di oscillazione abbastanza stretta, nota come “serpente monetario”. Parliamo dello SME, acronimo per Sistema Monetario Europeo. L’aumento dei tassi rafforzava il marco tedesco. In teoria, per evitare che le rispettive monete s’indebolissero troppo fino a scendere sotto i limiti consentiti dallo SME, le altre banche centrali avrebbero dovuto anch’esse aumentare i tassi.

Scommessa di Soros contro la sterlina

Invece, accade l’esatto contrario a Londra. La Banca d’Inghilterra stava tagliando i tassi per sostenere l’economia in recessione. Questa discordanza con le mosse della Bundesbank avrebbe dovuto indebolire la sterlina. Tuttavia, lo SME teneva il cambio contro il marco tedesco abbastanza stabile. Ad un certo punto, Soros non credette più che tale parità avrebbe retto. Nel corso del 1992, iniziò ad accumulare ingenti posizioni “corte” contro la sterlina. Notò facilmente che nel solo biennio 1990-’91 l’inflazione britannica era stata cumulativamente di quasi il 16%, quella tedesca di neppure il 7%. Tutto ciò non si era riflesso sui tassi di cambio.

La situazione era diventata critica, non solo per Londra. Altri paesi, tra cui l’Italia, non riuscivano più a mantenere la parità. Serviva una svalutazione delle monete in alternativa all’aumento dei tassi d’interesse. Da notare che la Banca d’Italia aveva alzato il costo del denaro sotto Carlo Azeglio Ciampi, ma con scarsa convinzione.

Arriviamo all’estate del tragico ’92. La Danimarca boccia l’adesione all’euro con un referendum. I mercati finanziari sono a caccia del prossimo paese che non aderirà. I sospetti arrivano alla stessa Francia. Il Trattato di Maastricht, firmato solamente solamente a febbraio, sembrava quasi morto in culla.

Mercoledì nero e uscita dallo SME

La sfiducia verso lo SME monta sui mercati. Fatale sarà una dichiarazione resa dal governatore della Bundesbank, Helmut Schlesinger, secondo cui sarebbe stato possibilmente necessario rivedere i tassi di fluttuazione delle monete. Voleva essere un modo per tendere la mano alle altre banche centrali. Solo che nelle ore successive Soros irrobustì le posizioni “corte” contro sterlina inglese e lira italiana come se non vi fosse un domani. Si fece prestare valuta britannica da tutto il mondo. La sua idea era semplice: venderla contro marchi subito per riacquistarla dopo che il cambio fosse crollato a tassi più bassi. Ovviamente, era convinto che sarebbe accaduto.

Arriva il tristemente noto Black Wednesday. Siamo al 16 settembre. I mercati aprono con la notizia che la Banca d’Inghilterra ha alzato i tassi dal 10% al 12% nel tentativo di dissuadere gli investitori dal vendere sterline. Non basta. Il cambio collassa. L’istituto annuncia l’uscita dallo SME. Accadrà anche in Italia. Il giorno successivo, riporta i tassi al 10%. Soros guadagna dalla scommessa vinta circa 1 miliardo di dollari. A Londra cambia, tuttavia, lo scenario geopolitico. Con l’uscita dallo SME la Banca d’Inghilterra riacquista la flessibilità necessaria per condurre la politica monetaria secondo le condizioni economiche del Regno Unito. Tassi più bassi sorreggono il PIL, che torna a salire. La svalutazione aveva reso più competitiva l’economia britannica.

La sterlina arriva a perdere il 20% in un paio di mesi contro il marco. L’inflazione scende e i tassi possono abbassarsi. Lo stesso governo Major si arrende all’evidenza: anziché inseguire una moneta unica che legherebbe le mani al sistema finanziario di Sua Maestà, meglio tenersi la sterlina e gestirla senza patemi d’animo.

Il Regno Unito non farà parte dell’Eurozona. L’euro nasce monco. Di più. Poiché l’economia domestica cresce più velocemente dei paesi dell’Unione Europea, a Londra si diffonde la convinzione che sarebbe meglio tenersene alla larga. In questo clima si arriva al referendum sulla Brexit nel 2016.

Soros favorisce Brexit sin dagli anni Novanta

Soros è considerato tra i più feroci critici della Brexit. Al contrario, egli propugna il super stato UE” contro gli stati nazionali. Eppure fu artefice della debolezza sia dell’euro che delle istituzioni comunitarie proprio a causa del suo attacco speculativo contro la sterlina. La storia non si fa mai con i “se”. Possiamo solo immaginare che senza il Black Wednesday, la sterlina sarebbe probabilmente rimasta nello SME e Major sarebbe riuscito nel suo intento di aderire all’euro.

Sarebbe stata tutta un’altra storia. Un Regno Unito nell’euro non avrebbe neppure potuto ipotizzare un referendum sulla Brexit. Forse sarebbe stato un bene per la moneta unica e le istituzioni comunitarie. Forse Londra si sarebbe tenuta ugualmente in disparte. Fatto sta che Soros ha dato una mano a quanti nell’establishment nazionale storsero il naso sull’euro. Quelli che oggi egli attacca da posizioni liberal e che definisce rigurgiti di nazionalismi e fascismi.

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