Sarebbero dovute arrivare entro le ore 14 di lunedì 4 le offerte ai commissari di Alitalia per accaparrarsi il marchio. Base d’asta fissata a 290 milioni di euro, una cifra che il presidente di ITA, Alfredo Altavilla, ha giudicato fuori mercato. Il manager ha citato i 3,5 miliardi di perdite operative accusate dalla compagnia solamente nell’ultimo decennio. E, in effetti, non è giunta neppure una busta da parte di alcuna compagnia aerea. Entro i prossimi giorni, si concluderà la seconda fase per l’assegnazione del brand.

Se per allora l’asta continuerà ad andare deserta, i commissari assegneranno il marchio sulla base di valutazioni autonome alla compagnia che riterranno essere in possesso dei requisiti.

Il valore commerciale del marchio Alitalia sarebbe stimato in meno di 150 milioni, la metà della cifra fissata dai commissari. Tremano i dipendenti della compagnia, i cui stipendi di settembre per metà sono stati legati proprio agli incassi derivanti dall’asta. Il 27 settembre scorso, l’azienda ha pagato loro solo metà delle retribuzioni, comunicando che per carenza di liquidità avrebbero atteso l’esito dell’asta per attingere ai ricavi e pagare l’altra metà delle spettanze.

I troppi fronti Alitalia aperti per ITA

La situazione è tesissima sul fronte sindacale. C’è forte malcontento per gli stipendi fissati da ITA, dimezzati per i piloti rispetto a quelli goduti in Alitalia. Ed esistono lamentele anche sui criteri delle assunzioni, le quali starebbero avvenendo senza tenere conto dell’impatto sociale. Infine, i 2.800 dipendenti assunti sin dall’inizio risulterebbero pochi rispetto alle esigenze, sostengono i sindacati.

A dire il vero, ITA decollerà dal 15 ottobre con una flotta eccessivamente striminzita: appena 52 vettori, di cui solo 7 a lungo raggio. Troppo pochi rispetto ai 110 di Alitalia e, soprattutto, alle effettive esigenze del mercato. Qualora il numero dei passeggeri risalisse dopo la pandemia a ritmi più veloci delle previsioni, ITA si ritroverebbe con un’offerta insufficiente a soddisfare la domanda.

Il rischio riguarda particolarmente il lungo raggio, sul quale sono destinati pochissimi vettori. La concorrenza di colossi europei come Lufthansa, Ryanair e Air France-Klm diverrebbe definitivamente insostenibile.

Lo stesso mercato domestico scricchiolerebbe. Molti slot sono stati abbandonati da ITA su richiesta della Commissione europea. Saranno verosimilmente assegnati a favore di compagnie low-cost come Ryanair, che già trasporta nel nostro Paese quasi 45 milioni di passeggeri ogni anno. Sarà capace lTA di ritagliarsi almeno la prospettiva di vettore nazionale? Infine, il dubbio circolato nelle settimane scorse al Ministero dello Sviluppo: far decollare ITA in bassa stagione non rischia per caso di privarla di ricavi sufficienti per tutti i primi mesi di attività, oberandola di debiti sin dall’inizio?

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