Nel mese di dicembre, stando agli ultimi dati dell’Abi (Associazione bancaria italiana), la raccolta bancaria in Italia a gennaio è diminuita di 23,4 miliardi su base annua, attestandosi a 1.685, ma risultando di 173 miliardi superiore al periodo pre-crisi del 2007. Gli italiani si confermano un popolo di risparmiatori, nonostante le difficoltà. Ma vediamo in quali prodotti investono in banca e in quali quantità. Lo strumento più diffuso è il conto corrente, vuoi per i limiti all’uso dei pagamenti in contanti sopra i 1.000 euro fino alla fine del dicembre scorso (3.000 euro dall’1 gennaio), vuoi anche perché l’accredito dello stipendio sopra i 999 euro resta impossibile in contante, nonché per la comodità che esso garantisce al titolare, che evita i rischi di tenere molta liquidità a casa.
Gli altri prodotti bancari
Simili ai conti deposito, ma diversi nel funzionamento sono i certificati di deposito, che staccano periodicamente in favore del titolare una cedola fissa o variabile. Le somme investite possono essere ritirate prima della scadenza, specie se inferiore ai 18 mesi, ma possono essere ceduti a terzi e, quindi, ugualmente monetizzati. Hanno una durata minima di 3 mesi e una massima di 5 anni. Alla fine del mese scorso dovrebbero essercene stati in circolazione circa 25 miliardi di euro. E arriviamo ai pronti contro termine, un prodotto apparentemente poco diffuso, mentre attira investimenti per oltre 150 miliardi. Si tratta di un contratto, con cui la banca vende al cliente titoli per un periodo massimo di un anno (in media, di poche settimane), impegnandosi a riacquistarli a un prezzo e a una data prefissati. Il rendimento dell’operazione è dato proprio dalla differenza tra il prezzo di rivendita del pacchetto titoli e quello di acquisto. Infine, le obbligazioni bancarie. Vituperate come mai in questi mesi, dopo l’azzeramento dei bond subordinati emessi dai 4 istituti salvati alla fine di novembre dal governo, impiegavano alla fine di gennaio 378,5 miliardi di liquidità della clientela. Di questi, si stima che poco più di una sessantina di miliardi sono del tipo subordinato. Offrono rendimenti più dignitosi di un conto deposito, ma presentano un rischio maggiore, specie perché con le nuove norme sui salvataggi bancari (“bail-in”), persino i bond senior possono essere coinvolti nelle perdite dell’istituto emittente.