Il carrello della spesa si è fatto sempre più caro. In un anno, nel mese di giugno costava l’8,2% in più. Fare la spesa assorbe risorse sempre maggiori, a fronte di redditi sostanzialmente fermi. Da dove attingono le famiglie italiane il denaro per fare quadrare i bilanci? Una possibile spiegazione arriva dai dati dell’Associazione bancaria italiana, contenuti del rapporto mensile di giugno. La raccolta risultava scesa a 2.040,2 miliardi di euro (-15,7 miliardi su maggio), di cui 1.840,7 miliardi erano depositi della clientela residente (-17,7 miliardi) e 199,5 miliardi le obbligazioni bancarie (+2 miliardi).

In buona sostanza, il conto in banca dei risparmiatori si fa più magro. Rispetto all’apice toccato in aprile, siamo a -23,2 miliardi di euro.

Più inflazione e fine delle restrizioni anti-Covid

In generale, un calo delle giacenze sarebbe una notizia positiva. Vorrebbe dire che le famiglie spendono di più, cioè siano maggiormente propense a consumare. Ma con un’inflazione così alta, ai massimi dal 1986, più che la propensione starebbe diminuendo la capacità di consumo. Le famiglie prelevano denaro dal conto in banca per pagare bollette e spese ordinarie, non certo per investire o acquistare beni durevoli.

A dire il vero, risulta un po’ presto per giungere a tale conclusione. Prima della pandemia, il conto in banca dei risparmiatori italiani ospitava giacenze pari ad oltre 260 miliardi più basse. Con la fine praticamente di tutte le restrizioni anti-Covid, la gente sta tornando a muoversi, a fare vacanze anche all’estero, insomma a rivivere. Da questo punto di vista, il calo vistoso di giugno sarebbe salutare, segno di un ritorno alla normalità.

BTp più appetibili del conto in banca

Una possibile spiegazione alternativa consisterebbe nella maggiore propensione delle famiglie italiane a investire su titoli più remunerativi. Dato l’andamento negativo di Piazza Affari, dovremmo escludere che stiano tornando ad acquistare azioni italiane.

Più probabile che stiano inserendo in portafoglio qualche BTp in più. Va detto che dalla metà di giugno i rendimenti sovrani sono diminuiti sulle rassicurazioni della BCE circa l’adozione di uno scudo anti-spread. Probabile che ciò abbia indotto i risparmiatori del Bel Paese a puntare sui nostri titoli di stato, che nel frattempo sono arrivati a rendere fino al 4,50% per le scadenze più lunghe.

Non è da escludere, in verità, che dietro al conto in banca in caduta libera vi sia un mix di tutti i suddetti fattori. Le famiglie starebbero spendendo di più per fare la spesa e si vedrebbero costrette ad attingere ai risparmi. Al contempo, hanno la necessità di finanziare livelli di spesa in crescita con la fine delle restrizioni (non della pandemia). Infine, starebbero adocchiando alternative d’investimento relativamente sicure e più redditizie, preso atto che il conto in banca continui a non fruttare alcunché. Il tasso d’interesse medio elargito ai clienti a giugno restava fermo allo 0,44%, quasi venti volte in meno dell’inflazione.

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