Spoiler: questo articolo contiene dati ufficiali del report di Mediobanca sulle reazioni all’inflazione da parte dell’industria italiana e un parallelismo personale della signora Erminia, pensionata di Pescara. Nel finale si scopre che portano alla stessa conclusione, che era sotto gli occhi di tutti dunque anche se molti imprenditori raccontano un’altra verità.

Non è vero che l’aumento dei prezzi pesa per tutti nella stessa misura

L’altro giorno la signora Erminia stava pagando la spesa alla cassa di un supermercato di una grande catena internazionale.

Di fronte allo scontrino ha esclamato “ormai per un pensionato mangiare è un lusso”, il cassiere dietro il vetro  le ha risposto che “è aumentato tutto. Lei ha borbottato “è aumentato tutto tranne le pensioni” e un giovane in fila dietro di lei le ha fatto eco “e gli stipendi”. In questa situazione estremamente ordinaria è racchiusa la verità emersa dai dati di Mediobanca. Può sembrare populismo ma il report sull’inflazione conferma che chi ha un reddito fisso ha pagato veramente il prezzo dell’aumento dei costi di materie prime etc, non i gestori dei locali. Loro lo hanno semplicemente rimbalzato ai clienti finali. Stop, fine della storia tutto il resto è vittimismo, alibi e scuse.

La signora Erminia ha ben ragione di lamentarsi anche perché i dati Inps hanno dimostrato che l’inflazione sulle pensioni ha pesato in modo anche più pesante di quanto non abbia fatto sulle buste paga dei lavoratori dipendenti.

Mediobanca smentisce gli imprenditori: l’inflazione la pagano i dipendenti

Il rapporto di Mediobanca sull’inflazione conferma che lo scorso anno l’industria italiana ha retto all’inflazione. Per i lavoratori, invece, la perdita nel potere di acquisto è stata stimata intorno al 22%.  Attenzione parliamo di imprese di media e grandi dimensioni, quindi non il negozietto vicino casa a conduzione familiare.

Anzi le oltre due mila aziende analizzate hanno fatto registrare un aumento annuo nominale del 30,9%, superando i 1.000 miliardi di euro di valore assoluto.

Vero è che questi incrementi vanno rimodulati tenendo conto dell’inflazione: l’aumento dei prezzi frena la crescita reale al +0,6%. L’industria in senso stretto conquista il +1,4% mentre la manifattura il +1,3%, con moda, elettronica e farmacosmesi come settori trainanti. Non stupisce da questa premessa che molte delle 2.150 società hanno anche inserito nell’organico nuove risorse (+1,7%).

Il settore manifatturiero è quello che avrebbe guadagnato di più: : l’Ebit margin è salito dal 5,3% al 6% (+13,2%) e il Roe dall’8,2% all’11,2% (+36,6%). Anche qui i valori reali sono da ridimensionare per l’inflazione ma il trend resta.

Il comparto manifatturiero registra un Debt equity ratio del 46,2% nel 2022 (ben più contenuto del 52,9% medio del periodo 2015-19).

Pensiamo a questi dati quando vedremo il prossimo imprenditore piangere in tv puntando il dito contro l’inflazione.