Spagna e Germania hanno rinvigorito i mercati finanziari nel corso della seduta di ieri. I due paesi hanno pubblicato i rispettivi dati sull’inflazione nel mese di novembre con un giorno di anticipo rispetto all’Eurostat. Ed è stata particolarmente l’inflazione tedesca ad avere stimolato gli acquisti di azioni e bond: dal 3,8% di ottobre al 3,2%, sotto le stime del 3,5%. Su base mensile, calo dello 0,4%, il doppio delle previsioni. Il dato “core”, cioè al netto di energia e generi alimentari, scende anch’esso al 3,8%, mentre l’indice armonizzato vede scendere l’inflazione tedesca al 2,3%.

Inflazione tedesca giù, mercati in festa

I rendimenti decennali italiani, che già nella mattinata di ieri erano scesi sotto il 4,20%, hanno proseguito il calo. Nel frattempo, l’indice Ftse Mib segnava un aumento dell’1%, portando a +35% la crescita dalla nascita del governo Meloni di tredici mesi fa. E nella mattinata odierna si attendono i dati sull’inflazione nell’intera Eurozona. Le attese sono per un calo dal 2,9% di ottobre al 2,7%. Se la previsione sarà soddisfatta o superata al ribasso, nuovi acquisti si riverseranno su bond e borse europee.

Non solo inflazione tedesca. Ieri, il cosiddetto Euro Area Industrial Sentiment è sceso a -9,5 punti, giù dai -9,2 del mese passato. Ad agosto era sceso fino a -9,9 punti, ai minimi dalla pandemia. Tralasciando quella fase, caratterizzata dai “lockdown”, ci troviamo dinnanzi ai valori più bassi nell’ultimo decennio. L’umore tra gli imprenditori dell’Eurozona volge al peggio ed è pessimo. Anche questo aspetto viene tenuto in considerazione dalla Banca Centrale Europea (BCE) nell’assumere le proprie decisioni sui tassi di interesse.

Taglio dei tassi non lontano

Con un’economia tra stagnazione e recessione, difficile che i prezzi al consumo corrano, a meno che la crisi dell’energia non torni in auge. Per il momento il rischio esiste, ma è da valutarsi basso.

Basti guardare le quotazioni del petrolio e del gas europeo. Il mercato non nutre dubbi al riguardo: non ci sarà alcun aumento dei tassi ulteriore. Anzi, da qui alla primavera prossima la BCE sarà costretta a varare il primo taglio dei tassi. Entro la fine del 2024, il loro livello scenderebbe di un punto percentuale rispetto a quello attuale.

Dopo avere remato contro per mesi, il cambio euro-dollaro finalmente torna a dare sostegno alla BCE. Si è riportato a 1,10 dai minimi sotto 1,05 toccati in ottobre. Una moneta unica più forte riduce il costo dei beni importati e tende così a contenere l’inflazione. Tutto inizia a quadrare, insomma. All’ultimo board dell’anno, in programma il prossimo 14 dicembre, la BCE cercherà di ribadire che i tassi rimarranno alti fintantoché l’inflazione non sarà rientrata intorno al target del 2%. I toni dovranno necessariamente rimanere un po’ “hawkish” per evitare che i mercati facciano il passo più lungo della gamba e disfino il lavoro sin qui svolto da Francoforte.

Nuove stime macro al board BCE di dicembre

Le nuove previsioni macroeconomiche che saranno diramate quel giorno in conferenza stampa ci segnaleranno qualcosa di più. Un abbassamento delle stime d’inflazione a medio-lungo termine e/o del PIL nell’area non farebbe che confermare l’idea che il taglio dei tassi sia vicino. Lo spread è sceso sotto 175 punti tra BTp e Bund a 10 anni nella giornata di ieri dai quasi 210 a cui era arrivato a ottobre. L’ennesimo segnale che la stretta sui tassi sembra essersi conclusa. E l’inflazione tedesca di ieri svelenisce il clima nella principale economia europea, dove sulla lotta al carovita non si scherza.

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