Ennesimo record per il metallo giallo, le cui quotazioni sono salite fin sopra i 2.520 dollari per oncia. Chi appena un anno fa decise di investire in oro, si porterebbe oggi a casa un guadagno superiore al 30%. Tutto merito dell’atteso taglio dei tassi di interesse negli Stati Uniti. Con ogni probabilità la Federal Reserve ridurrà il costo del denaro dello 0,25%, visto che l’inflazione domestica sta tendendo verso il target del 2%, pur molto più lentamente delle previsioni passate.

Investire in oro, esempio pratico dal 1974

E quale sarebbe il legame tra quotazioni auree e tassi? Quando i secondi scendono, si portano dietro anche i rendimenti obbligazionari.

I bond diventano meno appetibili e questo non può che fare bene al metallo, essendo un asset concorrente e per giunta senza cedola. Inoltre, quando i tassi globali scendono, aumentano i timori che l’inflazione possa salire. Infatti, la maggiore liquidità disponibile tende a stimolare i prezzi al rialzo. E investire in oro per tutelarsi da una possibile instabilità futura dei prezzi è una mossa che il mercato sfrutta da secoli.

Abbiamo cercato di scoprire con un esempio pratico se davvero il metallo sia stato in grado di proteggere il potere di acquisto di noi italiani nell’ultimo mezzo secolo. Siamo nell’estate del 1974 e da mesi l’inflazione è salita alla doppia cifra a seguito della crisi petrolifera. Non accadeva dalla Seconda Guerra Mondiale. Supponiamo che in quel tempo un prudente padre di famiglia, fiutando la crisi dei prezzi e valutaria futura, avesse cercato di mettere in salvo i propri risparmi con l’acquisto di un lingotto da 1 kg, corrispondente a poco più di 32 once. Un’oncia costava 190 dollari e il tasso di cambio a quel tempo era di 660 lire per un dollaro. In pratica, il costo complessivo sarebbe stato superiore ai 4 milioni e 30 mila lire.

Quotazioni auree e inflazione italiana a confronto

Parliamo di un importo consistente per il tempo, dato che uno stipendio medio in Italia neanche arrivava a 150.000 lire, che sarebbero diventati 77,50 euro dal 1999. Supponiamo che l’investitore e i suoi eredi abbiano atteso con pazienza mezzo secolo prima di decidere di monetizzare. Oggi, lo stesso kg di oro varrebbe più di 81.100 euro, corrispondenti ad oltre 157 milioni di lire. L’investimento si sarebbe moltiplicato in valore di 35,50 volte, un rendimento medio del 7,40% all’anno. Ma c’è da tenere conto dell’inflazione italiana, che nel frattempo avrebbe fatto esplodere i prezzi al consumo di una media di 14,08 volte (dati Istat).

Dunque, se l’oro fosse salito in perfetta linea con l’inflazione, oggi sarebbe dovuto costare intorno ai 910 dollari l’oncia, tenuto conto anche del mutato tasso di cambio. Invece, il metallo ha registrato una performance molto migliore e ciò ha consentito all’ipotetica famiglia di disinvestire oggi con un elevato margine di guadagno reale. Questi sarebbe stato pari al 2% annuo.

Guadagno reale del 2% all’anno

Guardando all’evoluzione delle sole quotazioni in dollari, otteniamo che il metallo sia rincarato nell’ultimo mezzo secolo meno dell’inflazione italiana (13,42 volte contro 14,08). Tuttavia, nello stesso arco di tempo l’euro-lira ha perso più del 62% contro il dollaro. Infatti, convertendo il cambio attuale nel vecchio conio, oggi come oggi un dollaro varrebbe poco meno di 1.750 lire contro le 660 dell’estate 1974. Investire in oro si sarebbe rivelata, dunque, una mossa ancora una volta vincente. Tra effetto cambio e quotazioni, il potere di acquisto del capitale sarebbe stato più che tutelato.

  • Quotazioni oro in dollari: x 13,42
  • Inflazione italiana cumulata: x 14,08
  • Cambio euro/lira-dollaro: 660 a 1.748
  • Costo 1 oncia in lire nel 1974: 125.400
  • Costo 1 oncia in lire nel 2024: 4.457.400
  • Quotazioni oro in euro/lire: x 35,55

Investire in oro affare contro inflazione

C’è una riflessione da fare, tuttavia, sull’esempio appena esposto.

Abbiamo sottinteso che la famiglia non abbia avuto alcun bisogno di liquidità per ben mezzo secolo. Anche se fosse così, c’è da mettere in conto che ha dovuto rinunciare per un periodo lunghissimo, pari a due generazioni, ai rendimenti del capitale. Investire in oro è cosa differente dal comprare azioni, obbligazioni o beni immobili. L’asset non frutta fintantoché non viene rivenduto. Ed è difficile credere che una famiglia possa decidere di privarsi per così tanti anni non solo del capitale, ma anche dei relativi frutti che altrimenti otterrebbe investendo in asset alternativi. Ciò non toglie che il metallo alla lunga resti un buon affare contro l’inflazione.

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