Missione compiuta, la Cgil è riuscita a ottenere le firme necessarie per aprire il referendum contro il Jobs act di Renzi e portare gli italiani al voto. Bastavano 500 mila firme per raggiungere l’obiettivo, ma ne sono già arrivate 850 mila e la raccolta firme continua. A quanto pare la riforma del lavoro attuata dall’allora ex segretario del PD non è proprio andata a genio ai nostri connazionali, ma ora c’è la possibilità di rimediare. Ma quando ci sarà il referendum abrogativo?

Si torna alle urne

Dopo il tentativo fallito nel 2017, la Cgil ci ha riprovato e stavolta pare con successo.

A dire il vero non ci sono troppi dubbi in merito al referendum, il quale si farà, visto che la Cgil è legittimata a richiederlo in quanto ha ottenuto le 500 mila firme necessarie per la richiesta da parte degli stessi elettori. Gli altri due modi per richiedere un referendum sono su richiesta di 5 Consigli regionali e da un quinto dei membri di una delle due Camere. In sintesi, i requisiti per portare gli italiani alle urne ora ci sono, ma perché un referendum sia valido poi sarà necessario che gli italiani poi vadano davvero in massa a votare, ossia si raggiunga il quorum, cioè deve votare la maggioranza degli aventi diritto al voto.

Contro il Jobs act però sembrano essere proprio tutti d’accordo, tanto che anche la Schlein firmò per il referendum a inizio campagna. A tal proposito, ricordiamo che la Cgil ha raggiunto la soglia minima necessaria in appena un mese dall’apertura della raccolta firme, a dimostrazione di quanto gli italiani siano convinti di abrogare tale riforma del lavoro. Già da tempo quindi il sindacato aveva depositato in Cassazione i quattro quesiti da presentare al referendum, ma intanto non si ferma e tramite il segretario della Cgil Maurizio Landini ribadisce: “Siamo vicini alle 850 mila firme, ne stiamo raccogliendo tante e continueremo a raccoglierne anche durante i mesi di luglio e agosto”.

Jobs act, quando ci sarà il referendum abrogativo?

Nel mirino del sindacato non c’è soltanto il Jobs act di Renzi, ma anche la premier Giorgia Meloni, colpevole di non aver reso possibile un confronto al fine di discutere i temi in questione.

Ospite in tv, infatti, Landini ha dichiarato: “Questo governo ha scelto di non confrontarsi, di non riconoscere ai sindacati il ruolo di difendere i lavoratori; su temi come le pensioni, la sanità, la riforma fiscale, oggi un confronto vero non c’è”. Insomma, la scelta di cercare un referendum è dovuta anche al fatto che secondo Landini non c’è stata la possibilità di confrontarsi con il Governo e trovare una nuova alternativa ai temi politici succitati.

Ma quando si vota? Come detto, la Cgil ha già depositato i quattro quesiti del referendum presso la Cassazione, due riguarderanno i licenziamenti illegittimi, uno sarà contro la liberalizzazione dei contratti a termine e l’ultimo verterà sulla sicurezza nel lavoro in appalto. La data prevista per l’arrivo alle urne invece non è stata ancora ufficializzata, ma il sindacato mira a portare gli italiani al voto verso la primavera del prossimo anno, si ipotizza quindi un referendum intorno ad aprile 2025, perfettamente un anno dopo l’inizio della raccolta firme.

Riassumendo…

  • superata la soglia di 500 mila firme richieste per il referendum, si va verso le 850 mila adesioni;
  • promotore di questa campagna è la Cgil, la quale vuole abrogare il Jobs act di Renzi;
  • è probabile che gli italiani andranno alle urne nella primavera del 2025.