Gli incontri erano stati programmati da tempo, ma guarda caso sono caduti nel bel mezzo delle tensioni (altissime) tra Stellantis e governo Meloni. Martedì, il presidente e azionista di riferimento della casa automobilistica italo-francese, ma che sarebbe meglio definire più appropriatamente franco-francese, si è recato al Quirinale per incontrare il presidente Sergio Mattarella. John Elkann ha altresì avuto un faccia a faccia con il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, con il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, con il generale dell’Arma dei Carabinieri, Teo Luzi, e l’ambasciatore degli Stati Uniti in Italia, Jack Markell.

Le rassicurazioni di Elkann al presidente Mattarella

Al capo dello stato il rampollo della famiglia Agnelli ha garantito l’impegno per rafforzare le attività di Stellantis in Italia dando seguito al progetto Dare Forward, che include il nostro Paese. Al termine del colloquio, il Quirinale non ha rilasciato alcun comunicato. E il silenzio del presidente è stato eloquente. Probabile che egli abbia preferito non esternare alcun commento per ragioni di garbo istituzionale, dato lo scontro ancora in corso tra la società e l’esecutivo italiano. Ma è altresì probabile che abbia voluto tenere unito quel muro di gomma eretto dal Bel Paese contro le minacce di Carlo Tavares, l’amministratore delegato molto loquace e poco istituzionale nelle sue esternazioni contro Roma.

Muro italiano contro Stellantis

Presumibile che Elkann abbia non solo voluto rassicurare il presidente, ma anche cercato di cogliere qualche sua possibile apertura in merito ai sussidi richiesti per incentivare l’acquisto di auto elettriche. La premier Giorgia Meloni non ha sinora aperto la porta a sostegni senza ottenere in cambio un aumento dei livelli di produzione in Italia. Peccato che a giorni scatti la cassa integrazione per sette settimane a Mirafiori per 2.260 dipendenti occupati nella produzione della 500 elettrica e di Maserati. Le rispettive linee saranno temporaneamente ridotte a un solo turno di lavoro al giorno.

A differenza del passato, anche recente, Stellantis è andata a sbattere contro una reazione mediatica inattesa e trasversale. Se il governo attacca la casa “in mani francesi”, i media non controllati da Elkann tramite Exor non stanno correndo in sua difesa. Basta leggere in questi giorni il resoconto de Il Sole 24 Ore, quotidiano di Confindustria, che calcola in “ben più di 220 miliardi di euro” i sussidi ottenuti dall’ex Fiat nei decenni passati. Il segnale inviato a Torino è chiaro: vi siete posti all’infuori del sistema Italia e adesso non avete più agganci per battere cassa. In effetti, da oltre una dozzina di anni la società non fa più parte della confederazione industriale italiana.

Garanzia statale su 6,3 miliardi nel 2020

Elkann non si aspettava quello che considera “un attacco mediatico” nei suoi confronti. Era abituato a chiedere e ottenere gli aiuti necessari per i suoi stabilimenti, perlopiù senza concedere nulla di concreto in cambio. Gli ultimi incentivi gli sono stati concessi nel 2022 dal governo Draghi e per metà hanno finanziato l’acquisto di auto prodotte all’estero. Meloni vuole cambiare registro. E nessuno difende l’operato di Stellantis, che soltanto nel 2020 godette di una garanzia statale su prestiti per 6,3 miliardi ottenuti a basso tasso di interesse da Intesa Sanpaolo per contrastare gli effetti della pandemia.

Il prestito è stato restituito e la garanzia dello stato è cessata di esistere. Ma nel frattempo Stellantis ha potuto distribuire un maxi-dividendo ai soci anche grazie alla liquidità risparmiata pagando minori interessi di quelli che avrebbe sborsato senza il sostegno pubblico. La lista degli aiuti sarebbe lunghissima e noiosa. Ma Tavares è stato chiaro: senza nuovi sussidi, gli stabilimenti di Mirafiori e Pomigliano d’Arco sarebbero a rischio. Una minaccia respinta dal governo, che eccepisce come altre case automobilistiche stiano riuscendo a vendere di più in Italia.

Il dato storico è stato il sorpasso di Volkswagen nel mese di dicembre.

L’ardua missione di Elkann

Il giro di consultazioni a Roma di Elkann gli è servito per tastare il polso della situazione. Avrà voluto verificare in prima persona se esistano reali spazi di compromesso con Palazzo Chigi e se questi sia isolato o ben sostenuto dai poteri che contano. In più, il 47-enne ha senz’altro cercato di gettare acqua sul fuoco delle polemiche. Una missione diplomatica, insomma, con l’obiettivo di portare a casa il risultato. Avrà funzionato? Il tempo lo dirà. Il governo studia un pacchetto di nuovi incentivi, ma vincolandoli alla produzione in patria. Dovrà fare in modo di non scontrarsi con le regole sugli aiuti di stato e la concorrenza all’interno del mercato unico.

Per Elkann quello che era stato considerato un punto di forza – il controllo di giornali come Repubblica e La Stampa – si sta rivelando un boomerang. Essendo questi ostili al governo di centro-destra, qualsivoglia attacco (legittimo) nei suoi confronti rischia di essere letto come orchestrato dalla proprietà. E ciò contribuisce ad avvelenare il clima, anziché stemperarlo, rendendo più complicato il raggiungimento di un accordo per ottenere nuovi aiuti.

Meloni gelida con Stellantis

Sta di fatto che in quindici mesi pieni di governo, la premier Meloni non ha mai incontrato gli esponenti della famiglia Elkann. Una distanza che compromette il buon esito della missione romana. Il presidente Mattarella non ha rotto l’unità nazionale attorno alla difesa dell’automotive italiano. John dovrà alzare la cornetta e chiamare Giorgia. E dovrà parlarle con toni e contenuti assai diversi e ben più convincenti di quelli usati dal suo sprovveduto manager portoghese.

[email protected]