Sono più di 10 milioni i lavoratori stranieri in Arabia Saudita, circa un terzo dei 30,8 milioni di abitanti del regno. Negli anni del boom economico, la loro presenza è stata più che necessaria per un’economia affamata di costruzione e dove il tasso di occupazione tra la popolazione locale è abbastanza basso, sia per il divieto vigente in molti settori per le donne di esercitare la professione, sia anche per il generosissimo stato sociale saudita, che di fatto spesso rende quasi superfluo lavorare.

Sta di fatto, che la musica è cambiata con la crisi delle quotazioni del petrolio. Il loro crollo dei due terzi rispetto al picco di appena 21 mesi fa ha provocato un deficit pubblico di oltre il 15% del pil nel 2015, pari a quasi 100 miliardi di dollari. Naturale, considerato che il 90% delle entrate statali prima della crisi proveniva dalla vendita di greggio.

Crisi petrolio frena crescita saudita

L’ampio “buco” fiscale ha rinviato o messo del tutto in soffitto numerosi progetti di costruzioni pubblici, facendo venire meno la necessità di manodopera straniera e innalzando all’11,5% il tasso di disoccupazione tra i sudditi sauditi, livelli pericolosamente alti per un regno assoluto e dispotico, ma che basa la sua forza proprio sul consenso capillare di cui gode, grazie agli elevati standard di vita degli abitanti. Se nel decennio precedente l’economia è cresciuta al ritmo del 5% all’anno, per il 2016 dovrebbe accontentarsi di un tasso inferiore al 2%. Adesso, nel tentativo di creare lavoro a discapito dei lavoratori stranieri, il Ministero del Lavoro ha annunciato il divieto entro sei mesi per i lavoratori stranieri di vendere o mantenere telefonini e accessori. Novità sono attese anche per i taxi, il settore turistico, dei viaggi, immobiliare, ortofrutticolo e della gioielleria. Obiettivo: creare 1,3 milioni di posti di lavoro per i cittadini sauditi.      

Quotazioni petrolio resteranno basse

E pensare che nel solo terzo trimestre dello scorso anno, le rimesse degli immigrati sono state pari a oltre 8 miliardi di euro, stando alla banca centrale, a conferma di come la massiccia presenza di immigrati stranieri abbia assicurato ad oggi il sostentamento di milioni di famiglie all’estero, specie del mondo arabo.

Il bengodi è finito e una vera ripresa delle quotazioni del greggio non è attesa a breve, come dimostra la continua crescita delle scorte negli USA, cresciute la settimana scorsa di 9,4 milioni di barili a 532,5 milioni, nuovo record storico. Se la produzione americana non scende e quella saudita e russa resta semplicemente “congelata” ai livelli del gennaio scorso, l’eccesso di offerta non potrà essere smaltito credibilmente in tempi brevi e ciò farà rimanere i prezzi depressi ancora a lungo. Lo hanno iniziato a capire proprio gli immigrati nel Regno Saudita, che fiutano da mesi il clima economico negativo e si guardano attorno. Il governo di Riad non esclude che entro la fine dell’anno possa tornarsene nei paesi di origine più di un milione di lavoratori stranieri.