Il prezzo del gas alla borsa olandese è sceso ieri a 120 euro per Mega-wattora, ai minimi dal giugno scorso e di due terzi dal picco di fine agosto. Ma la crisi dell’energia rimane e continua ad azzannare la crescita del PIL più che in gran parte del resto d’Europa. La bilancia commerciale ad agosto ha segnato il peggiore dato di sempre con un passivo di 9,6 miliardi di euro. Nello stesso mese del 2021, aveva chiuso in avanzo di 1 miliardo. E ancora una volta è stata proprio l’energia a trascinare giù il saldo.

Il deficit legato a questa componente dell’import-export è salito di 8,4 miliardi. Al netto di essa, avremmo registrato un avanzo di 2,3 miliardi, pur dimezzato dai 4,5 miliardi di un anno prima.

Crescita del PIL depressa da deficit commerciale

Nei primi otto mesi dell’anno, il saldo commerciale dell’Italia è stato negativo per 23,4 miliardi di euro contro un surplus di 38,3 miliardi dello stesso periodo dell’anno scorso. In altre parole, vi è stata una variazione negativa di quasi 62 miliardi. Di questo passo, chiuderemo il 2022 a -1,8/1,9% del PIL contro il +2,5% del 2021. Dunque, la crescita del PIL risulterà nel complesso depressa di oltre quattro punti percentuali.

C’è da dire che se i prezzi di petrolio e gas si mantenessero ai livelli attuali o continuassero a scendere, le variazioni annuali della bilancia commerciali potrebbero risultare meno negative nell’ultima parte dell’anno. In effetti, la crisi dell’energia iniziava già a pesare nell’autunno passato. E fu così che il mese di dicembre si chiudeva in passivo. Da notare anche come nell’intero 2021 l’avanzo commerciale dell’Italia fu nettamente inferiore al 3,8% del PIL del 2020, l’anno nero della pandemia e delle frontiere chiuse.

Non giova l’euro debole

La crescita del PIL, per quanto scarsa fosse prima della pandemia, era stata trainata essenzialmente proprio dal Made in Italy.

Le esportazioni nette contribuivano al segno più, mentre la domanda interna aggregata era vistosamente debole per via del rigore fiscale seguito per risanare i conti pubblici, i bassi consumi delle famiglie e i bassi investimenti delle imprese. Al momento, accade il contrario. La spesa pubblica al netto degli interessi incide ancora positivamente per l’1-1,5% del PIL, mentre la bilancia commerciale si riflette negativamente sulla crescita del PIL.

Paradossale che possa sembrare, starebbe giocando un ruolo negativo anche l’euro debole. Da un lato spingerebbe le esportazioni, dall’altro acuisce i prezzi dei beni e servizi importati. I costi di produzione salgono ulteriormente e di fatto si trasferiscono sui prezzi alle esportazioni, riducendo la competitività del Bel Paese. Se ieri il cambio euro-dollaro era di appena 0,98, un anno fa stava sopra 1,15. Al netto delle variazioni di petrolio e gas, rincari di oltre il 15% per l’acquisto delle materie prime.

[email protected]