Non ci sarà una cancelliera Annegret Kramp-Karrenbauer (AKK). Dopo Angela Merkel, solo incertezze. Il suo delfino ha gettato la spugna, annunciando l’altro ieri che mollerà nei prossimi mesi la segreteria della CDU e che non correrà per la cancelleria. E’ stato l’esito choc di quanto avvenuto in Turingia, dove i conservatori locali hanno fatto asse con i liberali e gli euro-scettici dell’AfD per eleggere il nuovo governatore. Berlino ha reagito unanime indignata e da Frau Merkel è arrivato un siluro ai suoi stessi uomini: “mai con la destra radicale, decisione sbagliata”.
L’Unione, com’è nota in Germania l’alleanza tra CDU e i “gemelli” bavaresi della CSU, nei sondaggi viaggia ai minimi storici, intorno al 28%. Gli alleati socialdemocratici al governo federale sarebbero niente di meno che intorno al 13%, dietro anche a Verdi e AfD. La proverbiale stabilità teutonica è andata in frantumi. Il governo è paralizzato e se ad oggi non sono state indette elezioni anticipate è solo perché a gli schieramenti tradizionali temono quel che sanno, cioè di essere diventati minoranza in Germania.
Eppure, il modello tedesco, malgrado il rallentamento economico dell’ultimo anno, sembra saldissimo. La disoccupazione è ai minimi dalla riunificazione, l’occupazione non è mai stata così alta e non teme confronti con alcuna delle altre grandi economie della Terra, le esportazioni continuano a viaggiare sui livelli record, il debito pubblico è sceso sotto il 60% e il bilancio federale chiude dal 2014 in attivo. Sembra il resoconto di un’economia in stato di grazia, dove i cittadini dovrebbero portare sulle spalle i governanti, anziché sfiduciarli. Senonché, la crisi politica in corso ormai da qualche anno è figlia dei racconti bugiardi sull’euro di ministri, leader e deputati.
La Germania di Angela Merkel cade vittima delle sue stesse bugie
10 anni di bugie sugli alleati dell’euro
Ai tedeschi è stata propinata una storia, secondo la quale la Germania si starebbe facendo carico dal 2008 dei debiti e dei conti delle banche di tutta l’Eurozona. Il tracollo economico-finanziario della Grecia, seguito da quello di Irlanda, Portogallo e delle banche spagnole è stato dipinto come frutto di comportamenti sbagliati dei governi e dei cittadini nel Sud Europa (Irlanda a parte), tacciati di essere “spendaccioni” e arraffoni. Per contro, sono stati nascosti o minimizzati i benefici ottenuti dalla Germania con la crisi e l’unione monetaria, non ultimo l’emissione di debito a costi negativi. Vero, Berlino ha contribuito a salvare gli stati in crisi con lauti esborsi, ma così hanno fatto pro-quota tutti gli altri partner dell’euro. E sinora, non un euro è andato perduto con i “bailout”, sebbene su Atene permanga un grosso punto interrogativo sulla capacità di restituire integralmente i prestiti ai creditori pubblici in futuro.
Persino i quasi 1.000 miliardi a cui è arrivato il saldo attivo del Target 2 per la Bundesbank è stato propinato in patria come un credito vantato dal sistema economico tedesco verso i partner, come se imprese e stato non avessero ricevuto pagamenti dalle controparti per un simile importo monstre e Berlino avesse chissà quale diritto di reclamarne il saldo. Questa narrazione “sovranista” è finita per alimentare una forte ondata di euro-scetticismo nella più grande economia dell’area, oltre che nel suo paese-perno sul piano politico.
Le bordate della Bundesbank contro la BCE, i ricorsi alla Corte di Karlsruhe contro gli stimoli monetari di Mario Draghi, le dimissioni dei membri tedeschi in seno alla BCE nell’ultimo decennio e in polemica contro i precedenti due governatori, nonché la descrizione dell’euro come di un espediente di cui numerosi stati, a partire dall’Italia, approfitterebbero per scaricare sui “virtuosi” i loro debiti e mutualizzarne i rischi, tutto è andato nella direzione di seminare malcontento, laddove la ragione direbbe che ve ne sarebbero pochi presupposti.
Dalla caduta del Muro alla nascita dell’euro, che la Germania non voleva
Conservatori beffati a destra
Ma l’AfD non avrebbe nulla a che spartire con il nazismo, con i baffetti alla Adolf Hitler e con l’orrore dell’Olocausto, sebbene sia innegabile l’uso di toni sgradevoli di diversi suoi esponenti, specie locali. La sua nascita è dovuta ad accademici, industriali, giornalisti ed ex politici del mondo conservatore, tutti indispettiti dalla svolta “a sinistra” della cancelliera. Le sue battaglie sin dall’inizio hanno avuto ad oggetto la riduzione dei poteri delle istituzioni comunitarie e l’istituzione di un piano B, che contempli eventualmente l’uscita dall’euro della stessa Germania, pur di evitare di creare strutture sovranazionali sfuggenti al controllo politico dei parlamenti nazionali e che accentuino rischi e oneri a carico dei contribuenti tedeschi.
I liberali dell’FDP, pur con un linguaggio molto più rassicurante, condividono la stessa impostazione, tant’è che essi hanno agito da alleati dei conservatori al governo federale (2009-2013) da freno ai salvataggi sovrani e bancari e a qualsiasi ipotesi di completamento dell’unione monetaria, battendosi strenuamente contro l’unione fiscale, gli Eurobond e per aiuti condizionati ai paesi in crisi. I conservatori hanno subito queste posizioni alla loro destra e a loro volta hanno reagito individuando agli occhi dell’opinione pubblica domestica capri espiatori come Grecia e Italia, che in virtù dei loro trascorsi poco trasparenti e virtuosi sui conti pubblici sono diventati facili bersagli di tutta Europa.
Perché la Germania è finita nel caos politico