Le cattive notizie da Berlino si moltiplicano. L’economia tedesca è tornata a contrarsi nel terzo trimestre. L’istituto statistico federale Destatis ha confermato le stime preliminari sul PIL, a -0,1% sul secondo trimestre e a -0,4% su base annuale. Un altro dato che contribuisce ad addensare le nubi riguarda i consumi delle famiglie: -0,3% congiunturale dopo il +0,2% nel secondo trimestre. Alla luce di quanto sta accadendo ai conti pubblici in Germania, andiamo di male in peggio.

Le famiglie tedesche sono notoriamente “formiche”.

Spendono meno del 55% rispetto al PIL contro quasi il 60% delle famiglie italiane e il 68-69% negli Stati Uniti. L’economia tedesca è trainata storicamente dalle esportazioni, che sono anche quelle che stanno andando male in questi anni tra pandemia prima e crisi dell’energia e tensioni geopolitiche dopo. A questo punto, la crescita dipende dalla spesa pubblica. E, in effetti, questa ha contribuito positivamente al PIL tedesco nel terzo trimestre e per la prima volta in oltre un anno.

Conti Germania nel caos

Ma i conti pubblici in Germania sono nel caos. Nei giorni scorsi, la Corte Costituzionale ha emanato una sentenza choc: i 60 miliardi di euro rimasti inutilizzati dal fondo contro la pandemia non possono essere investiti altrove. I Verdi avevano preteso di finanziare con queste risorse “fuori bilancio” la transizione energetica. Senonché la Corte ha dichiarato illegittimi tutti i 29 veicoli caricati di 869 miliardi di euro di spese pluriennali. Bene che vada, si salveranno solo 100 miliardi del fondo per la difesa. Resta il fatto che ci sono 769 miliardi di impegni (debiti) che adesso vanno inclusi nel bilancio federale.

A seguito di questa sentenza sono successe due cose. Il ministro delle Finanze, Christian Lindner, ha comunicato a tutti i colleghi del governo che da qui a fine anno non saranno più autorizzate nuove spese. Il bilancio sarà “congelato”. Un paio di giorni dopo, la presa d’atto che per quest’anno non si potrà applicare il “freno al debito”.

Si tratta di una previsione costituzionale del 2009, in base alla quale il deficit fiscale non può eccedere lo 0,35% del PIL. La Germania avrebbe centrato tale obiettivo per la prima volta dal 2019 quest’anno, ma dovendo computare retroattivamente tra le spese i 60 miliardi della sentenza, non sarà in grado di rispettare l’obiettivo.

Maggioranza “semaforo” in crisi profonda

La credibilità del governo Scholz esce a pezzi da questa vicenda. Per accontentare gli appetiti dei tre partiti della maggioranza “semaforo”, così chiamata per i rispettivi colori, è stata messa in dubbio l’indiscussa autorevolezza della Germania nella gestione dei conti pubblici. E per quanto ci riguarda, le conseguenze saranno doppiamente negative. In primis, perché alla crisi dei consumi non seguirà una reazione di politica fiscale idonea da parte del governo tedesco. Il bilancio è nel freezer fino a fine anno e dall’anno prossimo Lindner cercherà di recuperare credibilità contenendo la spesa pubblica.

Stallo su Patto di stabilità

Secondariamente, il ministro e segretario del Partito Liberale sta già scaricando le tensioni politiche all’esterno, impedendo il raggiungimento di un accordo sulla riforma del Patto di stabilità. In settimana, la premier Giorgia Meloni si è recata in visita da Scholz per siglare il Patto di Azione. Nel corso della conferenza stampa, ha mostrato fiducia sul compimento di passi in avanti a proposito delle regole fiscali. Vedremo se sono state frasi di circostanza o se qualcosa di concreto sarà sancito all’Eurogruppo del 7 dicembre. La debolezza del governo tedesco non aiuta, perché senza di esso non ci sarà alcuna firma e il suo assenso rischia di non arrivare per via delle divisioni interne.

Anzi, proprio per confermare la sua proverbiale prudenza fiscale, la Germania di Scholz potrebbe mettersi di traverso e ostacolare ogni forma di flessibilità richiesta dal Sud Europa più la Francia.

Va a finire che i tedeschi hanno truccato i conti pubblici e a pagare pegno saremo noi partner dell’Eurozona. Nel frattempo, la recessione morde senza essere gestita adeguatamente.

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