Entro oggi, il Senato approverà in via definitiva il cosiddetto “Ddl famiglia”, che prevede l’erogazione dall’1 luglio prossimo dell’assegno unico e universale per i figli da 250 euro al mese. La misura era passata già alla Camera nel luglio dello scorso anno. Entro i prossimi tre mesi, quindi, il governo Draghi dovrà correre per approvare i decreti attuativi e far sì che la nuova legge entri effettivamente in vigore. Essa punta a sostenere le nascite, beneficiando tutte le famiglie con figli minorenni e a partire dal settimo mese di gravidanza.

L’assegno si estende ai maggiorenni fino ai 21 anni di età, se iscritti all’università, a un tirocinio o a un corso professionale. Lo stesso varrà per coloro che, pur maggiorenni, lavorino e percepiscano fino a 4.000 euro all’anno (2.840,51 euro nel caso di età superiore ai 24 anni).

Assegno unico per i figli, si parte il 1 luglio 2021

E’ prevista una maggiorazione del 30/50% per i figli disabili e con aliquota legata al grado di disabilità. L’assegno potrà essere percepito anche dai beneficiari del reddito di cittadinanza. La legge di Bilancio per il 2021 aveva destinato ai fondi per la famiglia 3 miliardi di euro in più per quest’anno e 5 miliardi per il 2022.

Sostegno indiscriminato alle famiglie

Queste sono, in estrema sintesi, le misure previste. Adesso, analizziamole. L’assegno è definito unico, perché va a sostituire tutte le precedenti erogazioni a favore dei figli, come le detrazioni IRPEF per i carichi di famiglia, l’assegno per il nucleo familiare, il bonus bebè, il bonus mamme per il terzo figlio in poi, etc. E’ universale, perché contrariamente a quanto in vigore sino da oggi, esso spetterà a tutti i contribuenti, siano essi lavoratori dipendenti o autonomi o anche disoccupati.

A prima vista, si tratterebbe finalmente di un provvedimento che valorizza la famiglia e la sostiene con un atto concreto, quando sino ad oggi si è fatta esclusivamente propaganda da una parte e dall’altra della politica italiana.

Ma se andiamo oltre un’analisi superficiale, notiamo che l’assegno unico per i figli rischia di trasformarsi in un boomerang per la nostra società, se non in una vera e propria trappola della povertà.

Anzitutto, dai calcoli effettuati dalla Ragioneria dello Stato è emerso che 1,35 milioni di famiglie perderanno mediamente 381 euro all’anno dal passaggio al nuovo sistema di welfare. Trattasi di lavoratori dipendenti con reddito superiore a una data cifra. Per contro, ci guadagneranno certamente i lavoratori autonomi, ad oggi ingiustamente esclusi dalla misura. Tuttavia, qua rischiamo di creare una società di assistiti e non certo di famiglie che metteranno al mondo figli con consapevolezza e previdenza. Detto brutalmente, forse nasceranno più figli, ma presso famiglie a basso reddito e incapaci autonomamente di mantenerli, per cui bisognose cronicamente di assistenza.

Assegno unico per i figli, fregatura in arrivo?

Rischio boomerang per la società italiana

L’Italia ha sì bisogno di una politica demografica che incentivi le nascite, ma non “regalando” denaro a chi fa figli, bensì migliorando i servizi connessi alla natalità, come gli asili nido, il sostegno all’occupazione femminile e all’occupazione in generale, a partire da quella giovanile, dato che le basse nascite di oggi sono la conseguenza di un ingresso tardivo nel mercato del lavoro, di precarietà e di bassa capacità di spesa dei lavoratori.

A conti fatti, una coppia con tre figli minorenni in affitto oggi può percepire già 1.330 euro al mese tramite il reddito di cittadinanza, a cui si aggiungerebbero adesso i 750 euro dell’assegno unico. Farebbero 2.080 euro al mese. Tuttavia, immaginiamo che il legislatore prevedrà la contestuale decurtazione dell’integrazione al reddito di cittadinanza legata ai figli. In ogni caso, ai 780 euro di base si sommerebbero i 750 euro dell’assegno, per un totale superiore ai 1.500 euro.

Questa è una cifra che in molti casi un lavoratore a tempo pieno non riesce a percepire. Crediamo che sia un modo per stimolare le nascite o per disincentivare al lavoro?

Con l’assegno unico, in buona sostanza, si taglia alle famiglie che lavorano e si penalizzano al netto quelle che percepiscono oltre una certa cifra, per offrire un aiuto certo e totale a  quelle che non lavorano o lavorano in nero e non contribuiscono alla fiscalità generale, se non tramite l’imposizione diretta. Ancora peggio: si offre un sostegno illimitato ai maggiorenni senza un lavoro, quasi a scoraggiarne l’ingresso nel mercato (chi mai accetterà più di fare la gavetta anche solo per pochi mesi, se la retribuzione offerta sia pari, inferiore o anche di poco superiore all’assegno?). Altro che incentivo alle nascite. Alla lunga, potrebbero aggravarsi le condizioni che hanno provocato la denatalità di questi ultimi decenni, cioè verrebbero colpite l’occupazione e le stesse entrate fiscali, dato che il mix tra reddito di cittadinanza e assegno unico distruggerà tanti posti di lavoro, specie poco qualificati. Altra cosa sarebbe stata se il legislatore avesse legato l’assegno unico alla condizione lavorativa di almeno un genitore, erogando l’importo massimo alle famiglie con genitori entrambi occupati a tempo pieno. Un modo per premiare il lavoro e stimolare le nascite laddove esistano le condizioni minime per una crescita decorosa dei figli.

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