La Mercatone Uno, dopo la sentenza di fallimento della nuova proprietà Shernon Holding, non esiste più. Lo storico sponsor della squadra di ciclismo che annoverava il campione Marco Pantani tra le sue fila aveva accumulato nei primi nove mesi di gestione della società guidata da Valdero Rigoni 90 milioni di perdite, come sottolineato dall’edizione economica del Corriere della Sera. Sessanta giorni fa era giunta dalla Shernon Holding la richiesta di concordato in continuità, al fine di tutelarsi dal pressing dei creditori, i quali vantavano pagamenti per 60 milioni di euro.

Un dossier già complicato di per sé per Luigi Di Maio, a capo del ministero del Lavoro e dello Sviluppo economico, reso ancora più difficile dopo il flop del Movimento 5 Stelle al voto delle elezioni europee.

Mercatone Uno, l’illusione solo nove mesi fa

Lo scorso mese di agosto la Shernon Holding aveva acquistato per 25 milioni di euro i 55 punti vendita della storica azienda romagnola. Nel mese di novembre l’atteso rilancio del marchio, o almeno quello che era stato promesso. Dopo pochi mesi, infatti, l’inconsistenza della nuova proprietà si è rivelata agli occhi di tutti, fornitori di arredi compresi. Così Valdero Rigoni, CEO della Shernon Holding, parlava in relazione al rilancio del marchio: “Abbiamo tutta l’intenzione di rilanciare fortemente il brand sul mercato, migliorandone l’offerta e il posizionamento, adattandoli ai nuovi stili di vita e di consumo”. Per Rigoni, l’obiettivo non era soltanto rinnovare la leadership della Mercatone Uno nel settore ma anche di quadruplicare il fatturato iniziale, portandolo a 522 milioni di euro entro il 2022. Dunque, un piano quadriennale ambizioso, senza però essere mai realmente supportato da fatti concreti.

Dipendenti licenziati via WhatsApp

Il CEO Rigoni aveva definito gli oltre 1.800 dipendenti della Mercatone Uno come il patrimonio più importante dell’azienda, assicurando loro che nei successivi dodici mesi avrebbero avuto il tempo di crescere, prospettando quindi un futuro per loro roseo.

Parole che sono però state portate via dal vento, alla luce degli ultimi drammatici sviluppi della vicenda, con tutti gli operai su scala nazionale che hanno perso il proprio posto di lavoro dopo un messaggio su Whatsapp nella notte precedente alla chiusura.

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