E’ andato via dal Barcellona tra le lacrime Lionel Messi. Era arrivato nella capitale catalana a soli 13 anni e adesso lascia a 34 anni. Praticamente, l’attaccante argentino è cresciuto, non solo calcisticamente, in Spagna. Nessun dubbio che le sue siano state lacrime sincere quando ha tenuto la sua ultima conferenza stampa presso la sede blaugrana. Detto questo, è stata solo una questione di soldi.

Questione forse di ore e arriverà l’annuncio di Messi al PSG. A Parigi, percepirà circa 30 milioni netti a stagione, una cifra inferiore agli oltre 50 incassati con l’ultimo contratto al Barça, ma superiore a quanto avrebbe potuto ottenere rinnovando con Joan Laporta.

Ma alcuni soci del club catalano hanno presentato un esposto alla Commissione europea, alla quale si chiede di fermare l’ingaggio da parte del PSG. Questi è accusato di violare palesemente il Fair Play Finanziario della UEFA, un complesso di regole teso a salvaguardare la stabilità finanziaria delle società di calcio europee.

La campagna acquisti dello sceicco del Qatar Al Thani, che possiede il PSG tramite il fondo sovrano QIA, quest’estate sta dando troppo nell’occhio. Non sono bastati gli ingaggi di Sergio Ramos, Gigio Donnarumma e Achraf Hakimi. Adesso, in rosa sta per arrivare niente di meno che il sei volte Pallone d’Oro. Gli arrivi sono tutti a parametro zero, ma ciò non toglie che andranno ad aggravare un monte-ingaggi già altissimo. Il solo costo della rosa nel 2020 era di 460 milioni di euro, in netto rialzo dai 348 milioni dell’anno precedente. A questi devono aggiungersi i 161,5 milioni degli ammortamenti.

Messi al PSG, scoppia la polemica sulla UEFA

Quanto ai ricavi, al 30 giugno 2020 erano diminuiti a 570 milioni dai 700 di un anno prima. Ne consegue che il rapporto tra stipendi e fatturato sfiori il 110%. Nel frattempo, il Covid ha inflitto una maxi-perdita di 175 milioni al club parigino, che si confronta con un utile netto di 19,5 milioni dell’anno prima.

Tuttavia, il patrimonio netto contabile rimane decisamente positivo (quasi a 325 milioni), ma grazie all’aumento di capitale da 316 milioni deciso dal fondo QIA prima ancora della pandemia.

Le nuove regole sul Fair Play Finanziario, note come Football Earning Rules, da un lato imporrebbero un tetto agli stipendi rapportato al fatturato, dall’altro eliminerebbe il riferimento al concetto di “break-even” (equilibrio di bilancio), prendendo come riferimento i redditi d’esercizio e le iniezioni di capitale dei soci. In pratica, le società in mano agli sceicchi continueranno a spandere e spendere, dato che pagheranno i fondi sovrani, che a differenza dei privati non sono tenuti a rispondere al mercato.

Una farsa, che sembra destinata ad accentuarsi nei prossimi anni. Il presidente del PSG, Al Khelaifi, è diventato da qualche mese anche capo dell’ECA, l’associazione dei club europei prima guidata da Andrea Agnelli, dimessosi a seguito della vicenda Superlega. Il PSG è stato tra i grandi club ad avere sostenuto la UEFA contro il tentativo di scissione di una dozzina di grandi società, tra cui Barcellona, Real Madrid, Juventus, Inter e Milan. Si è di fatto creato un blocco di potere che vede i parigini fare asse con il presidente UEFA, Aleksander Ceferin. Il Fair Play Finanziario è un insieme di regole tese a punire i nemici e a salvaguardare gli amici. E adesso è diventato palese come non mai.

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