Si registra meno vivacità sul mercato dei mutui negli ultimi mesi, con le richieste diminuite del 6,9% annuo a febbraio. Sembra un paradosso, visto che dall’occupazione giungono, tutto sommato, segnali positivi e l’economia italiana, pur lentamente, si sta riprendendo dalla sua più lunga crisi da 80 anni a questa parte. In realtà, il tonfo ha origine già intorno alla metà dello scorso anno, quando è venuta meno la necessità di chiedere la surroga del mutuo. Con il crollo dei tassi dal 2014 in poi, in particolare, le banche sono state prese d’assalto dai mutuatari, che hanno chiesto e ottenuto di rinegoziare il vecchio mutuo, contratto a interessi ben più alti (specie nei primi anni del Millennio), con uno dalle condizioni più accomodanti.

Ma chi poteva, ha già surrogato il mutuo e i tassi d’interesse sembrano da tempo avere toccato il punto minimo. Nei prossimi mesi, potrebbe registrarsi un loro aumento per effetto dell’uscita della BCE dal lungo piano di stimoli monetari.

C’è una tendenza positiva per il cliente, che traspare dai dati elaborati da MutuiSupermarket e citati dal Sole 24 Ore: il loan-to-value medio è salito dal 62-63% del 2012-’13 all’attuale circa 71%. Significa che le banche stanno erogando mediamente mutui a copertura maggiore del valore commerciale dell’immobile. In pratica, nel momento di massima crisi del comparto immobiliare e all’apice della stretta sul credito delle banche, se un immobile valeva 100 ci veniva offerto mediamente un mutuo di poco superiore a 60, oggi si è già superato il 70%.

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La ripresa attesa del mercato immobiliare

Questo ha implicazioni positive per chi compra casa, perché segnala la minore disponibilità media richiesta di liquidità da anticipare. Come mai le banche sono diventate apparentemente più generose? Per prima cosa, partiamo da un concetto: il Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR) limita all’80% il loan-to-value ratio, seppure tale percentuale possa essere superata nel caso in cui il cliente offra garanzie supplementari a quella dell’immobile ipotecato, ovvero una fideiussione e/o una seconda ipoteca su altri immobili di proprietà o pegno su beni mobili.

La ragione di tale limitazione è prettamente prudenziale e mira a contenere il rischio di perdite sulle erogazioni. In sostanza, la banca già all’atto della concessione del mutuo si riserva un margine rispetto al valore dell’immobile finanziato, che le consente di contenere le eventuali perdite nel caso di default del credito. Il fatto che negli ultimi trimestri si riscontri una disponibilità a finanziare una percentuale maggiore del valore commerciale dell’immobile segnala senz’altro un maggiore ottimismo sulle condizioni macroeconomiche dell’Italia, ma riflette anche il crollo proprio del comparto immobiliare negli ultimi anni.

Esso ha perso mediamente un quarto del suo valore in Italia con la crisi, ma con punte ben più alte in alcune città, come vi abbiamo segnalato in un recente articolo sul caso di Roma. Per quanto una ripresa dei valori residenziali non appaia imminente, il peggio sarebbe alle spalle. Nel frattempo, molte famiglie stanno approfittandone per comprare casa a prezzi ben più bassi che in passato. La banca, anche attraverso le perizie, non può che prendere atto di tali valori infimi alle condizioni di mercato attuali, pur consapevole che essi non rispecchierebbero il trend di lungo periodo, per cui si sentirebbero ragionevolmente sereni nell’erogare un mutuo a copertura di un valore immobiliare più alto.

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Ma lievitano anche i costi

E forse c’è dell’altro: le famiglie escono dissanguate da un decennio di crisi inimmaginabile di questa entità. La loro capacità finanziaria è stata colpita dal prosciugamento dei risparmi in molti casi, mentre i bassi stipendi stagnanti non hanno consentito nemmeno a quanti il lavoro lo abbiano mantenuto di accumulare sufficienti risorse, pur essendo stato stato il potere di acquisto indubbiamente favorito dalla crescita altrettanto stagnante dei prezzi.

Da qui, l’impossibilità per le banche di tirare troppo la corda, perché se è vero che le elevate sofferenze accumulate le inducono a mostrare ancora più prudenza di un tempo, è anche vero che senza clienti cesserebbero di esistere. A qualcuno dovranno pur prestare quella immensa liquidità a costo quasi nullo che riescono oggi ad attingere dai depositi, oltre che dalla BCE.

Ma conviene al cliente richiedere un mutuo per una percentuale troppo elevata rispetto al valore dell’immobile? In assenza di alternative (poca liquidità come anticipo), senza dubbio. Bisogna, però, mettere in conto anche interessi più elevati, visto che al crescere del loan-to-value ratio si ha anche un incremento dei tassi di default, che mediamente si attestano all’1% per un finanziamento attorno al 45-50%, salendo al 2% fino a una copertura dell’80% e impennandosi al 5% per un mutuo a copertura del 100% o poco oltre il valore dell’immobile. D’altra parte, le banche stanno da tempo riparandosi dai rischi di inadempienza con le coperture assicurative tramite polizze, incamerando fino all’80% del premio sotto forma di commissioni. E la loro incidenza sul costo del mutuo varia da un 2% fino al 10-12%, una percentuale sin troppo elevata spesso da sostenere per il mutuatario. Insomma, nessuna generosità delle banche, come sarebbe ingenuo credere, per gli importi più cospicui concessi. Solo diverse strategie dietro per minimizzare le perdite e la presa d’atto delle mutate condizioni del mercato.

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