Anche l’Associazione bancaria italiana ha dato l’ok alla proposta del governo di allungare la durata dei mutui a tasso variabile su richiesta dei clienti, al fine di abbassare l’importo delle rate mensili. Il presidente Antonio Patuelli ha dichiarato che un terzo dei mutui ad oggi erogati sul mercato risulta a tasso variabile, sebbene siano molti di meno coloro che effettivamente stanno subendo forti rincari per effetto dell’aumento dei tassi d’interesse. In effetti, chi ha contratto un prestito diversi anni fa, oggi deve restituire ormai un capitale relativamente basso e tale per cui la stretta della Banca Centrale Europea starebbe avendo scarsi effetti.

Il discorso è diventato sensibile per coloro che avevano acceso mutui a tasso variabile di recente, visto che fino ai primi mesi dell’anno scorso non c’era proprio idea che i tassi sarebbero saliti così in fretta.

Allungamento del periodo di ammortamento

Il vice-premier Matteo Salvini e il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, stanno lavorando a un piano che offrirebbe ai clienti la possibilità di optare per una delle due soluzioni prospettate. In entrambi i casi, si tratterebbe di vedersi la rata abbassata in cambio di un allungamento del periodo di ammortamento. In questo modo, le banche non incorrerebbero nel rischio di mancati pagamenti e le famiglie potrebbero continuare a pagare il mutuo con minori problemi. Vediamo in cosa consistano le due soluzioni prospettate nel dettaglio.

La prima consentirebbe alle famiglie titolari di mutui a tasso variabile di allungare fino a quattro anni il periodo entro cui restituire il prestito. Immaginiamo che a inizio 2022 un italiano abbia contratto 150.000 euro di prestito a 25 anni e con spread dell’1% sull’Euribor a 3 mesi. Questi era allora al -0,57% contro più del 3,60% di oggi. Avrebbe iniziato a pagare una rata mensile di quasi 530 euro al mese, lievitata nel frattempo intorno a 830 euro.

Un rincaro di 300 euro, circa il 55%. Grazie all’allungamento di quattro anni, la rata si abbasserebbe intorno ai 780 euro. Il risparmio sarebbe nell’ordine dei 50 euro al mese.

Mutui tasso variabile, rata di soli interessi

Esisterebbe una seconda soluzione. Il mutuatario continuerebbe a pagare per un massimo di quattro anni solamente gli interessi. Finito il periodo, tornerebbe a pagare la rata per intero, cioè a restituire il capitale. Nell’esempio sopra accennato, anziché gli 830 euro previsti con l’esplosione dell’Euribor a 3 mesi, si limiterebbe a versare intorno ai 340 euro. Un risparmio di quasi 500 euro, a dir poco notevole. Non si tratterebbe di sospendere il pagamento delle rate, quindi, bensì di continuare a pagare solo gli interessi. Questa seconda soluzione somiglia a una forma di mutuo diffusasi in paesi come la Danimarca agli inizi del millennio: i mutui only interest. Strutturalmente, essi prevedono il solo pagamento degli interessi per i primi dieci anni, consentendo alle famiglie di pagare rate basse e di risparmiare denaro da utilizzare in una seconda fase per rimborsare il capitale.

Il consiglio sarebbe di approfittare delle soluzioni prospettate dall’esecutivo solo se effettivamente si ha bisogno di ridurre la rata mensile. La convenienza risulta essere molto bassa per i mutui a tasso variabile contratti molti anni fa. A parte che è verosimile che molti di questi siano stati surrogati con mutui a tasso fisso, l’aumento della rata sembra basso per giustificare un allungamento del periodo di ammortamento. Già la legge di Bilancio di quest’anno assegna alle famiglie il diritto di convertire il mutuo in una soluzione a tasso fisso, mantenendo lo stesso spread sull’Eurirs legato agli anni del periodo di ammortamento residuo. Vale solo per coloro che abbiano un ISEE fino a 35.000 euro. Vedremo se la limitazione reddituale varrà anche per le nuove soluzioni.

[email protected]