La BCE giovedì ha battuto un colpo per far vedere di esistere. Ha alzato i tassi d’interesse dello 0,75%, mai così tanto in un’unica mossa nella sua pur breve storia. I tassi di riferimento salgono da 0,50% a 1,25%, i tassi sui rifinanziamenti marginali da 0,75% a 1,50% e i tassi sui depositi delle banche da 0 a 0,75%. Un brutto momento per i mutui a tasso variabile, i cui titolari si ritrovano a pagare rate mensili ben più pesanti rispetto solamente a qualche mese fa.

Fino al 21 luglio scorso, infatti, i tassi BCE erano ancora fermi rispettivamente a -0,50, 0 e 0,25%. Ma c’è la necessità di piegare l’inflazione, schizzata nel mese di agosto al 9,1% nell’Eurozona. Francoforte la stima mediamente all’8,1% quest’anno, al 5,5% nel 2023 e al 2,3% nel 2024.

Tassi Euribor in netto rialzo

Queste nuove previsioni possono indicarci qualcosa in più proprio sull’andamento futuro dei mutui a tasso variabile. Qui, la rata mensile è agganciata nella stragrande maggioranza dei casi all’Euribor, perlopiù a 3 mesi. A inizio anno, stava a -0,57%, mentre prima del board BCE di giovedì si trovava già a 0,82%. Il maxi-rialzo dei tassi era stato scontato, tant’è che ancora all’inizio di agosto l’Euribor a 3 mesi non arrivava allo 0,25%.

Per capire le aspettative future, dobbiamo guardare ai futures. Ebbene, notiamo che per la fine di quest’anno i contratti stimano tassi a 3 mesi a 1,95% e al giugno dell’anno prossimo poco sopra 2,40%. Dopodiché inizierebbe una fase di sostanziale stabilizzazione, che per il momento è attesa durare svariati anni. E’ evidente che il mercato sia in attesa di capire gli sviluppi di questa gravissima crisi energetica. Probabile che le aspettative muteranno anche repentinamente tra qualche mese, in un senso o nell’altro.

Mutui a tasso variabile con rata più pesante

Allo stato attuale, quindi, i mutui a tasso variabile diverrebbero sempre più costosi almeno da qui ai prossimi nove mesi.

Successivamente, la rata mensile non salirebbe più, sempre se avesse ragione il mercato. Con il “raffreddamento” delle aspettative d’inflazione, però, i tassi a lungo termine scenderebbero. A quel punto, diverrebbero più accattivanti i mutui a tasso fisso. Viceversa, i tassi a breve risentono più direttamente delle condizioni monetarie. Pertanto, finché il mercato si aspetta che l’inflazione rimarrà elevata e i tassi d’interesse pure, i mutui a tasso variabile resterebbero cari.

Secondo le ultime previsioni della BCE, le quali storicamente si mostrano tutt’altro che accurate e attendibili, l’inflazione resterà alta e sopra il target da qui ai prossimi due anni. Non è una buona notizia per chi ha sottoscritto un mutuo a tasso variabile. D’altra parte, più velocemente il mercato si convince che la lotta all’inflazione sia efficace e minore la durata necessaria della stretta monetaria, sempre che la crisi energetica non si aggravi. In conclusione, da qui a metà 2023 non sono attese novità positive. Ma siamo nelle mani di eventi esogeni, di natura non economica, come le tensioni geopolitiche. Molto può cambiare anche da un’ora ad un’altra.

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