Pesa l’eredità di quattro anni di pandemia e guerra sui conti pubblici italiani. Il Documento di economia e finanza (Def) per il 2024 è stato redatto senza la parte programmatica, in attesa di confluire in un nuovo prospetto contabile a settembre. Al di là degli aspetti formali, il governo Meloni non se l’è sentita di indicare cifre certe su debito pubblico e deficit, a causa del forte impatto fiscale che continua ad avere il Superbonus. Una misura che a sua volta fu varata in piena emergenza pandemica per reagire alla crisi devastante che i “lockdown” provocarono all’economia italiana.

Nel 2020, il nostro Pil crollò del 9%. Bisogna tornare in tempi di guerra per trovare dati altrettanto negativi.

Senza pandemia e guerra

E oltre alla pandemia, proprio una guerra è esplosa due anni fa alle porte d’Europa con l’occupazione dell’Ucraina da parte della Russia. Un’altra batosta per l’economia del Vecchio Continente, già provata dal Covid. Siamo in grado di quantificare il costo di queste due emergenze sui conti pubblici? Pur con molte cautele, la risposta è affermativa. Per capire quanto pesano pandemia e guerra sulle tasche di tutti noi contribuenti, dobbiamo raffrontare la situazione attuale con quella che ipotizziamo ci sarebbe stata in loro assenza.

Debito e Pil più alti

Fermiamo il tempo al 2019, ultimo anno prima del Covid. In quell’anno il deficit fu all’1,50% del Pil. La crescita dell’economia italiana si era quasi azzerata tra tensioni finanziarie interne e congiuntura continentale debole. In media, il nostro Pil era cresciuto del 2% nominale all’anno nel quinquennio (inclusa l’inflazione). Supponiamo che per gli anni seguenti fino al 2023 avremmo mantenuto gli stessi livelli di indebitamento e di crescita. Sappiamo che si tratta di un’ipotesi molto forte. Basti pensare che già per il 2020 era stato concordato con la Commissione europea un innalzamento del deficit-obiettivo al 2,4%.

Ad ogni modo, in base alle suddette premesse avremmo chiuso il 2023 con un Pil in area 1.945 miliardi di euro, cioè di 140 miliardi sotto i livelli effettivi. E avremmo registrato nel quadriennio un incremento del debito di quasi 115 miliardi contro gli oltre 450 miliardi reali. Dunque, avremmo riportato un rapporto tra debito e Pil sotto il 130%, anziché sopra il 137%. Pandemia e guerra ci sono costati qualcosa come 340 miliardi di maggiore debito. Attenzione, però, perché questo non è il vero costo a carico di noi cittadini. Esso è dato dagli interessi che siamo tenuti a versare ai creditori ogni anno su tale extra-debito.

Costo dipende dagli interessi sul debito

Ebbene, nel 2023 abbiamo avuto una spesa per interessi di 78,6 miliardi su 2.863 miliardi di stock. Il tasso implicito è stato del 2,75%. Significa che abbiamo pagato in media questa percentuale su tutti i debiti pregressi e nuovi contratti. Se per ipotesi fosse questo il tasso implicito di lungo periodo, il costo di pandemia e guerra sarebbe stimabile nell’ordine dei 9,3 miliardi all’anno. Farebbero circa 158 euro per ciascun abitante residente nel Bel Paese.

Ovviamente, gli interessi dipendono da alcune variabili come le condizioni monetarie, gli spread, ecc. Non potremo mai sapere quale sarebbe stata la situazione effettiva sui mercati in assenza di pandemia e guerra. I tassi di interesse sarebbero rimasti azzerati? Ci sarebbe stato un’accelerazione dei ritmi di crescita? Domande che non avranno mai una risposta, perché il passato è passato e nessuno sa come sarebbe andata se non si fossero verificati determinati eventi.

Effetti sui conti pubblici anche nei prossimi anni

Attenzione, perché queste stime risultano incomplete. In primis, perché gli effetti sui conti pubblici non si sono esauriti. Anche quest’anno chiuderemo con un deficit fiscale nettamente sopra il 3%, atteso dal Def 2024 al 4,3%. Un ritorno ai livelli del 2019 non è previsto neppure nel prossimo triennio.

Da un lato, siamo passati da un avanzo primario (al netto degli interessi) strutturalmente positivo a un disavanzo, dall’altro abbiamo assistito a un boom della spesa per interessi per effetto del rialzo dei tassi per la necessità di lottare contro l’inflazione. E questa è stata un frutto avvelenato sia della pandemia che della guerra.

Pandemia e guerra pesano sull’inflazione

E l’impatto sui conti pubblici non esaurisce i costi a carico degli italiani. Proprio l’inflazione ha determinato un crollo del potere di acquisto dei redditi. Pensate che i prezzi al consumo in quattro anni sono aumentati del 16,4%, lo stesso dato che si era registrato nei quasi tredici anni precedenti. E le retribuzioni sono aumentate di poco, a discapito della capacità di acquisto delle famiglie. Ad ogni modo, limitandoci alla sola sfera pubblica e ai primi quattro anni, tra pandemia e guerra un italiano in media pagherà nel corso della sua intera esistenza qualcosa come 13.000 euro tra maggiori tasse e/o minori servizi. E stiamo escludendo per semplicità di calcolo gli interessi prodotti dagli interessi stessi.

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