Ogni promessa è un debito. E mai come in questo caso è così, letteralmente parlando. Il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, ribadisce che sulle pensioni la Lega sta lavorando a una soluzione che sarebbe condivisibile da tutti, opposizioni comprese. Non ha spiegato le modalità, anche se ha fatto intendere dell’oggetto della riforma in discussione. E’ sempre Quota 41 per tutti l’obiettivo di legislatura del Carroccio, che inizialmente sarebbe dovuto essere centrato sin dallo scorso anno. La carenza di risorse ha spostato il tema più in là.

Quota 41 c’è già per pochi

Per Quota 41 s’intende la possibilità offerta ai lavoratori di andare in pensione con 41 anni di contributi versati, indipendentemente dall’età. Già oggi questa misura esiste, ma a favore di una ristretta platea di beneficiari. Trattasi di coloro che hanno versato almeno 12 mesi di contributi prima dei 19 anni di età (cosiddetti “precoci”) e che al contempo risultino essere disoccupati, caregiver (assistono parenti) o invalidi.

Vie e costi della flessibilità in uscita

Un’alternativa a Quota 41 per il pensionamento anticipato è Quota 103: servono sempre 41 anni di contributi, ma unitamente a un’età anagrafica non inferiore ai 62 anni. E da quest’anno è entrata in vigore una novità penalizzante: il calcolo dell’assegno sarà interamente con il metodo contributivo. Ciò implica che il lavoratore potrà andare in pensione fino a quattro anni prima dell’età ufficiale, ma accontentandosi di un importo più basso, anche nell’ordine del 15-20%. Tra le altre forme di pensionamento anticipato troviamo anche Ape Social, Opzione Donna e la pensione anticipata vera e propria. Quest’ultima consente di lasciare il lavoro con 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 e 10 mesi per le donne.

Quale sarebbe la proposta rivoluzionaria di cui parla Durigon? Possiamo anche spremere le meningi, ma il discorso è sempre lo stesso: la flessibilità in uscita costa.

Vogliamo andare in pensione prima? Dobbiamo trovare le risorse. E il problema è che ne spendiamo già tante per le pensioni. Abbiamo la seconda spesa più alta in Europa dopo la Grecia con circa il 16% del Pil. E nei prossimi anni il dato è atteso in salita fino a un apice (si spera) del 17,9% al 2035, dato che andranno in quiescenza i famosi “baby boomers”, i numerosi nati negli anni del miracolo economico.

Spesa pensioni già alta in Italia

Secondo l’Ocse, a fronte di un’aliquota previdenziale media del 18,2% tra i paesi avanzati, l’Italia primeggia con il 33%, seguita da Repubblica Ceca al 28% e Francia al 27,8%. Significa che paghiamo e spendiamo troppo per le pensioni. E come se non bastasse, la demografia non va nella direzione giusta: le nascite sono poche e la popolazione invecchia. Infine, l’occupazione è ben sotto la media UE. Abbiamo il 62% scarso di persone in età lavorativa effettivamente occupate, una decina di punti in meno che nel resto del continente.

In cosa potrà mai consistere Quota 41 per tutti senza impattare eccessivamente i conti dell’Inps? L’idea sarebbe di replicare il meccanismo sopra menzionato per Quota 103. Ai lavoratori sarebbe consentito andare in pensione con 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età, ma accettando un calcolo interamente contributivo dell’assegno. Il costo della misura sarebbe di poche centinaia di milioni all’anno e decrescente nel tempo. In effetti, si tratterebbe di un provvedimento quasi a costo zero per i lavoratori nei prossimi decenni.

Calcolo dell’assegno oggi

Ad oggi il calcolo dell’assegno avviene con il sistema misto: retributivo per gli anni di contribuzione fino al 2011, contributivo per gli anni successivi al 2011. La differenza sta nel fatto che con il primo metodo l’assegno è rapportato alle retribuzioni degli ultimi anni, mentre con il secondo l’assegno è giustificato dai soli contributi versati come con una polizza privata.

Salvo eccezioni, il retributivo risulta più conveniente al lavoratore per via della tendenza delle retribuzioni a crescere durante la carriera professionale.

Man mano che passano gli anni, gli anni di servizio svolti al 2011 tende ad incidere sempre meno fino ad azzerarsi del tutto per coloro che sono entrati nel mercato del lavoro di recente. Dunque, Quota 41 con il contributivo avrebbe un costo sempre più basso nel tempo. Resta il fatto che la misura riguarderebbe una platea potenzialmente ristretta di persone. In Italia non sono numerosi i lavoratori con così tanti anni di contribuzione, i quali presuppongono carriere non discontinue e un ingresso nel mercato del lavoro in età giovane.

Quota 41 non cancella legge Fornero

Ha senso sul piano politico intestarsi Quota 41 per tutti come se fosse la madre di tutte le battaglie? La Lega avrebbe voluto cancellare la legge Fornero del 2011, ma non potendo onorare la promessa per carenza di risorse, deve dimostrare all’elettorato di fare qualcosa in ogni caso. L’idea iniziale consisteva nel proporre la misura con il mantenimento dei criteri attuali per il calcolo dell’assegno. Sarebbe costata diversi miliardi ogni anno. Impossibile da sostenere per le casse dello stato. Ed ecco arrivata la soluzione compromissoria, tutt’altro che rivoluzionaria e possibilmente accettabile per i più. Ma con il Patto di stabilità tornato in vigore e la necessità di risanare il deficit ancora elevato, anche gli spiccioli serviranno al Tesoro. Per questo anche una riforma light resta difficile a partire dall’anno prossimo.

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