Negli ultimi mesi è rincarato un po’ tutto, dai generi alimentari alle bollette (soprattutto), dalla cena al ristorante alla rata del mutuo. I titolari di mutui a tasso variabile hanno accusato un duro colpo. Arrivano da anni molto favorevoli e mai avrebbero creduto che nel giro di un niente avrebbero pagato anche centinaia di euro in più al mese. Effetto del rialzo dei tassi BCE. L’inflazione galoppa, sfiorava il 10% a settembre. Urge fermarla aumentando il costo del denaro. E giovedì scorso, Francoforte ha annunciato un altro +0,75%.

Cosa significa per i comuni mortali? Che a cascata il credito costerà di più a tutti. Non esattamente la notizia che vorrebbe apprendere chi ha acceso un debito con rate variabili o si accinge ad accenderne uno.

Tuttavia, i titolari di mutui a tasso variabile hanno qualche ragione per non cedere allo sconforto. Per prima cosa, il rialzo dell’altro giorno era stato già scontato dal mercato. Secondariamente, i tassi hanno reagito muovendosi nella direzione opposta. Qui di seguito vi proponiamo il future sull’Euribor a 3 mesi, vale a dire il tasso di mercato a cui si aggancia la maggior parte dei mutui a tasso variabile.

Futures sui tassi Euribor 3 mesi

Speranza per mutui a tasso variabile

Come potete notare, il grafico si riferisce al mese di settembre dell’anno prossimo. Perché? E di cosa stiamo parlando? Si tratta del tasso di mercato atteso oggi tra undici mesi. Per allora, il costo del denaro dovrebbe toccare il picco, stando proprio alle previsioni degli investitori. E cosa emerge dal grafico? Tale picco è intravisto più basso rispetto a una sola settimana fa. Il 20 ottobre scorso, ci si aspettava che l’Euribor a 3 mesi sarebbe culminato al 3,32% nel settembre 2023. Giovedì scorso, al termine del board BCE, tale picco era atteso al 2,80%.

Questo significa che il mercato starebbe scontando un rialzo dei tassi più basso di mezzo punto per i prossimi mesi.

In altre parole, le rate dei mutui a tasso variabile saliranno ancora, ma forse un po’ meno di quanto abbiano scontato già gli investitori sul mercato. Certo, c’è il rovescio della medaglia in questo trend. Esso rispecchierebbe la previsione di una recessione economica in arrivo. In altre parole, il mercato pensa che il rialzo dei tassi BCE colpirà prima o poi la crescita del PIL. E per questo, verrà un po’ meno già nei primi mesi del 2023, anche per effetto del rallentamento dell’inflazione.

Se i tassi salissero effettivamente al 2,80%, servirebbero tre rialzi dello 0,25% ciascuno da oggi fino a settembre. Per fine anno, le attese sono per un minimo aumento dello 0,25%. Dunque, non ci sarebbero più maxi-rialzi come a settembre e l’altro giorno. La fase più drastica della stretta monetaria sarebbe già alle spalle. D’altra parte l’inflazione dovrà scendere un bel po’ per avere tale certezza. La credibilità della BCE sarebbe a rischio se smettesse di alzare i tassi quando ancora l’inflazione fosse nettamente sopra il target del 2%. Ciò spalancherebbe le porte a una fase di stagflazione. E non sarebbe una buona notizia neppure per i titolari di mutui a tasso variabile, che pagherebbero rate mensili elevate a lungo.

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