Per il ministro dell’Economia italiani, Giancarlo Giorgetti, “prima arrivo, meglio è per tutti”. Il mercato ancora ci confida per il 50% delle probabilità già a marzo, mentre il governatore della Banca Centrale Europea (BCE), Christine Lagarde, dal World Economic Forum di Davos ha avvertito che l’avvio del taglio dei tassi di interesse avverrebbe “in estate”. C’è ancora parecchia confusione sotto il cielo di Francoforte. Sarà che in questi giorni l’ondata di gelo e neve ha paralizzato anche il dibattito interno all’istituto, ma sta di fatto che per il momento questi sembra navigare a vista.

Board BCE diviso

Anche se le divisioni nel board appaiono forti. Il banchiere centrale portoghese ed ex presidente dell’Eurogruppo, Mario Centeno, ha dichiarato in settimana che la BCE dovrebbe evitare che l’inflazione scenda sotto il target del 2%. Il collega francese François Villeroy de Galhau ha anch’esso espresso parere favorevole a un taglio dei tassi quanto prima. L’Italia con Fabio Panetta come governatore e Piero Cipollone in qualità di consigliere esecutivo è su posizioni accomodanti.

A dicembre, l’inflazione nell’Eurozona è risalita al 2,9% dal 2,4% di novembre. L’inflazione “core”, al netto di energia e generi alimentari, è scesa ancora al 3,4%, ai minimi da marzo 2022. La risalita era attesa per il venir meno parzialmente del cosiddetto “effetto base“. Il processo di disinflazione non risulta ad oggi arrestatosi. Il punto è che all’orizzonte le incertezze iniziano ad essere tante. Alcune sono di natura prettamente macroeconomica. Gli aumenti salariali con i rinnovi contrattuali sono ben maggiori degli anni passati e questo rischia di procrastinare l’alta inflazione, a meno che le imprese non si abbassino gli utili.

I rischi per l’inflazione a breve termine

E’ vero che la crisi energetica sembra rientrata, ma le tensioni nel Medio Oriente suggeriscono prudenza. Anche se il petrolio resta sotto 80 dollari al barile e il gas è sceso fin sotto 30 euro per Mega-wattora, gli attacchi dei ribelli yemeniti all’indirizzo delle navi mercantili nel Mar Rosso rischiano di provocare rincari dei prezzi per i maggiori costi di trasporto e la minore offerta di merci in Europa.

E anche l’euro è tornato a indebolirsi dopo che si era portato sopra 1,10 contro il dollaro. Tutti fattori che incidono a sostegno dell’inflazione nell’Eurozona.

Se la BCE varasse il taglio dei tassi già a marzo o in aprile e dopodiché i prezzi al consumo tornassero a salire, l’intera strategia monetaria andrebbe a farsi benedire. C’è persino il rischio che gli investitori scontino troppo presto condizioni monetarie ancora più espansive, oltre a quanto hanno fatto nei mesi scorsi, surriscaldando il mercato del credito e con esso l’inflazione. Dunque, serve tenerne a bada le aspettative ancora per qualche mese prima di agire. Dirimente sarà probabilmente il dato sul PIL nell’Eurozona nel quarto trimestre dello scorso anno. Se negativo, le resistenze interne saranno più facilmente contrastate. Viceversa, monteranno.

Sul taglio dei tassi peseranno le pressioni politiche

Non sfugga a nessuno che tra pochi mesi si terranno le elezioni europee. Poiché la BCE è una banca centrale sovranazionale, il legame con gli umori dei cittadini è meno forte di economie come Stati Uniti, Regno Unito, ecc. Ma saranno i governi a pretendere condizioni macro più favorevoli per non accusare il colpo alle urne. In tutto ciò abbiamo una Germania ancora ferma tra recessione e stagnazione e una Francia anch’essa in bilico. Invece, il debito pubblico italiano fa meno paura e ciò depone a sfavore di un taglio dei tassi immediato.

Tornando a Giorgetti, l’affermazione per cui sarebbe meglio per tutti (stato, imprese e famiglie) che il taglio dei tassi arrivasse più prima che poi, è opinabile.

L’importante che avvenga nel momento giusto, cioè quando esisteranno tutte le condizioni per vararlo senza dover tornare indietro o fermarsi subito dopo. Improbabile che l’annuncio arrivi entro marzo.

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